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Banche: essere trasparenti è facile. Il caso Banca Popolare Etica
La trasparenza bancaria non è visibile. Una litote per sottolineare che si fa molta fatica ad individuare nelle banche italiane comunicazioni volte a rendere davvero chiaro e comprensibile ad un utente di media istruzione il funzionamento dei rapporti con una istituzione finanziaria.
Avrete sicuramente provato sulla vostra psiche le conseguenze e gli effetti della traduzione e interpretazione del “banchese”: firmate moduli e contratti rinunciando a capire ciò che sta scritto. Il risultato, la storia e la cronaca degli ultimi anni ce lo hanno confermato: è acquistare prodotti non adatti al vostro profilo e estremamente non coerenti con i vostri obiettivi di costi/rendimento.
La missione assegnata alle banche, non farvi capire nulla per fare i loro interessi, ha così successo. Talvolta, però, capita di imbattersi in una comunicazione davvero trasparente: provate a leggere le informazioni contenute nel prospetto preparato da Banca Popolare Etica per la sottoscrizione di un “social bond” per contrastare mafia ed usura.
Una reale comunicazione trasparente che ti fa capire non solo lo scopo nobile della raccolta, i rendimenti e le scadenze; ma soprattutto ti chiarisce che si tratta di un subordinato destinato “solo ad investitori istituzionali e risparmiatori evoluti con un patrimonio importante”! In sostanza, con parole e locuzioni molto semplici, Banca Etica chiarisce che:
– si tratta di un prestito obbligazionario subordinato collocato per raccogliere 2,5 milioni di euro che saranno destinati a finanziare organizzazioni impegnate nella riqualificazione e riuso dei beni confiscati alle mafie e in iniziative di promozione della legalità e prevenzione dell’usura.
– è prevista una cedola semestrale.
– il tasso lordo annuo è del 1,4% (netto 1,038%).
– l’importo minimo di sottoscrizione è di 30mila euro.
– durata: 8 anni.
Tutto chiaro? Non ancora! Banca Etica fa qualcosa che nel passato altre banche, poi fallite o che comunque hanno azzerato i risparmi degli italiani, non hanno fatto. Spiega il termine “subordinato”, quella parolina che dovrebbe, se (ma quasi mai) ripetuta dal consulente-venditore, far scattare anche al più ignorante (in materia finanziaria) degli italiani la domanda: ma “subordinato” a cosa? E lo fa in una maniera insolita per il sistema: evidenzia i rischi di un bond subordinato ribadendo che non li venderà a chi non ha sufficiente consapevolezza finanziaria.
Ricordiamo che i bond subordinati sono una speciale categoria di obbligazioni il cui rimborso – nel caso di problemi finanziari per l’emittente – avviene successivamente a quello dei creditori ordinari. Non devono quindi essere considerati strumenti di debito tradizionali, ma la loro natura li rende più simili al capitale proprio. Sono emessi dalle aziende perché rappresentano spesso un’alternativa al più costoso collocamento di azioni.
Invece di spiegare tutto ciò e rischiare comunque di non far comprendere i rischi dell’investimento, Banca Etica semplifica il tutto evitando il “banchese” e dicendo ai propri risparmiatori: ”voi, se non siete ricchissimi, non potete comprare questi prodotti!”. Chapeau. Ma questa best practice di Banca Etica non è un caso isolato.
Banca Etica nasce 22 anni fa, per la precisione nel 1999, come esempio di quel meccanismo virtuoso che alla critica del sistema affianca la proposta di un’alternativa possibile, pensata come realizzabile e poi, di fatto, realizzata. In Banca Etica sono gli stessi risparmiatori (che poi diventano anche soci dell’istituto, a oggi oltre 45mila) a chiedere dove finiscano i propri soldi: vogliono sapere che si muovono, anche di notte, per il mondo che sognano e in cui desiderano abitare.
L’attributo “Etica” non è solo un aggettivo indicato nella ragione sociale. Tutte le banche dicono di essere “etiche”. Avete forse mai letto, nei messaggi pubblicitari di un istituto di credito: “Vieni con noi. Noi finanziamo il traffico d’armi, laviamo i soldi della mafia, favoriamo la deforestazione dell’Amazzonia e il lavoro minorile”? In Banca Popolare Etica tutto questo non avviene.
La particolarità, questo essere “altro” rispetto alle banche ordinarie e alla loro prassi, sta proprio nel voler fare sì finanza, ma in maniera differente. Questo non vuol dire che Banca Etica si dedichi alla beneficenza, perché amministrare una banca significa pur sempre fare affari. La banca è un’attività d’impresa come tante altre, ma il dato da sottolineare è che Banca Etica riesce a tenere insieme correttezza, produttività, trasparenza e, quel che più conta, profitto. Ha l’indice che misura la solidità patrimoniale di un istituto di credito (CET1) al 15,1%, ben superiore alla media del sistema. Possiede un capitale sociale di circa 80 milioni di euro, incrementato del 5% rispetto al 2019 per effetto di una sana gestione imprenditoriale e senza che si sia reso necessario alcun aumento di capitale.
Nel 2020 ha registrato un utile netto di oltre 11 milioni, il più alto della sua storia nel difficile anno segnato dalla pesante crisi economica innescata dalla pandemia. Banca Etica registra una raccolta di risparmio del valore di 2 miliardi di euro e prestiti per 1,1 miliardi di euro, con una forbice cautelativa di circa 900 milioni. Ha sofferenze nette pari al 0,81% degli impieghi, a fronte della media italiana dell’1,21%.
Banca Etica è l’unica banca in Italia (e la prima al mondo) che pubblica l’elenco completo delle persone giuridiche a cui presta i soldi. Ha una forbice tra la retribuzione più alta e quella più bassa dei suoi dipendenti pari a 4,7, mentre in Italia si registrano enormi livelli di disuguaglianza, con i top manager che guadagnano quasi 50 volte lo stipendio medio dei dipendenti.
Una diversità, quella di Banca Etica, di cui si parla poco. Forse perché nel suo budget non sono stanziati tanti soldini per l’investimento pubblicitario sui media mainstream?