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E se le banche provassero a imitare la Juventus ?
L’efficienza non è mai il risultato del caso. La società bianconera ha lavorato per anticipare il futuro. Una strategia che anche i nostri istituti di credito dovrebbero adottare.
«Se la Juve stasera passa il turno ha elevate probabilità di sognare il Paradiso, se esce è l’inferno del fallimento. È tutto legato ad un episodio: un gol, una parata, un tiro sbilenco. A volte sembra che nel calcio, come nella vita, i risultati siano legati alle circostanze, al caso. Non è così!». Mi autocito, nel virgolettato riprendo un mio post Facebook pubblicato la mattina stessa di Juventus-Atletico. Non sapevo come sarebbe andata a finire, sapevo che la fortuna (o come la volete chiamare) esiste per spiegare il successo degli altri. Il successo è sempre pianificato anche se non arriva da momenti “piatti”, prestabiliti.
Quel successo che spesso, da tifosi avversari o da ciechi, proviamo a denigrare perdendo qualsivoglia oggettività e senno. Eppure, riconosciamolo senza girarci intorno, alla vittoria, nel calcio o in qualsiasi altro affare della vita, non si arriva via fato, ma percorrendo l’unico itinerario sicuro: l’autostrada della progettazione e della professionalità, che sola permette di adattarsi e trasformarsi di fronte alle nuove sfide, ma anche di anticiparle e generare continui cambiamenti.
È quello che stanno facendo i bianconeri ormai da anni (7 scudetti consecutivi, l’ottavo in spedizione, quattro double, due finali di Champions e una semifinale di Europa League). È quello che la sera del 12 marzo allo Stadium è saltato agli occhi con una luce mai stata così forte, abbagliante.
IL CALCIO È BUSINESS E VA SOSTENUTO CON STRATEGIE VINCENTI
Senza sentimentalismi o girarci intorno, il calcio è diventato un business. La gestione aziendale economico-finanziaria, al netto di sorprese relative alla questione plusvalenze, ha assunto un valore determinante per la realizzazione degli obiettivi sportivi. Vinci sul campo se vinci anche fuori. A farla da padrone sono, e lo saranno sempre di più, le società che hanno abbandonato una forma di conduzione familiare per intraprenderne una di tipo manageriale, dove la gestione non sportiva di una società di calcio è diventato il modello di gestione principale, con la consapevolezza di fondo che la disponibilità di risorse economiche non sempre si accompagna a buoni risultati sul campo: si può essere i più ricchi e i più perdenti allo stesso tempo (vedi alla voce Psg).
“Servono organizzazioni efficienti affidate a un managament capace di sviluppare meccanismi e politiche aziendali innovative”.
Al vil denaro bisogna accompagnare ben altro: supremazia dei risultati (come dicevamo), commercializzazione dello spettacolo, sinergie organizzative atte a cogliere le opportunità offerte dall’evoluzione del settore, scouting attento, profilazione dei giocatori idonei allo scopo e allo spirito. Parliamo di organizzazione efficiente affidata a un managament capace di sviluppare meccanismi e politiche aziendali innovative, che fa la voce grossa quando si discute di diritti televisivi, che acquista per chiedere di più agli sponsor (ottenendolo) e strappare una gestione autonoma del merchandising. Società con strutture patrimoniali solide (al netto dei debiti) perché sostenute da politiche di bilancio spregiudicate quanto basta per promuovere altre iniziative profittevoli e crescite in Borsa. Squadre (intese come gruppo di calciatori), allora, che diventano parte integrante di una strategia di un nuovo gruppo dirigente (azzerati i vertici manageriali della precedente gestione), il quale apporta continuamente competenze e valori, richiamando esplicitamente, con una struttura fondata sul primato della comunicazione, alla missione aziendale, al successo.
LA RINASCITA DELLA JUVENTUS DOPO LO SCANDALO CALCIOPOLI
La squadra e la società che oggi è la Juventus, plasmatasi nella necessità di vincere riaccesa da Calciopoli, il punto di non ritorno che ha creato un mostro, un alieno. Vincere è volontà precisa, spirito guida di un oggetto/soggetto non identificabile che è affamato di rivincita nei confronti del calcio italiano ma non acciecato dalla fame, bensì illuminato, come governo di settecentesca memoria e come una lago che risplende delle sua stessa acqua. La Juve italiana (contro l’Atletico erano in campo ben cinque giocatori del nostro Paese) è già di per sé ben oltre il calcio tricolore, per politica, organico e lungimiranza (quattro dei migliori in campo sono arrivati a giugno). Cambierà lo scenario del calcio mondiale e in quello scenario ci sarà lei, proiettata da ora in quello che sarà perché impresa, attività professionalmente organizzata con obiettivo la vittoria, alla quale non si arriva per caso ma attraverso la produzione, il lavoro. È finito il tempo di società calcio tradizionali radicate localmente, chiuse, senza slanci (tranne in rare occasioni). Società figlie del mecenatismo, società figlie di pater familias: uomini soli destinati a subire evoluzione, concorrenza e dimensioni.
La mia fede è conosciuta, ma per chi è riuscito ad essere pioniere, avanguardia di un passaggio epocale che ha nulla a che fare con la fortuna, provo un fastidioso fascino. Un personalissimo ossimoro che spiega il mio rapporto con i bianconeri. Una figura retorica che si è costruita per effetto di un complicata storia azzurra di delusioni. Ho sempre vissuto questa ammirazione come una traslazione, la ricerca di un modello di efficienza che il ritardo del Sud doveva imporsi nei confronti di un Nord sviluppato. In altri termini la Juventus era ciò che avrei voluto fosse stato il mio Napoli. Ciò che vorrei diventasse, esempio di efficienza e visione strategica sviluppatesi dopo una grande crisi. Potrebbe essere da esempio per il nostro vetusto e logoro sistema bancario ?
Articolo di Vincenzo Imperatore per ” Lettera 43″.