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Le strane ambiguità degli Npl nei bilanci delle banche
Minimizzare vs generalizzare non è una guerra tra verbi.
Articolo a cura di Vincenzo Imperatore per “Il Roma”
Minimizzare vs generalizzare non è una guerra tra verbi.
L’arte del minimizzare e’ spesso l’unica arma che hanno tra le mani i perdenti.
Ricorda tanto, al tifoso patologico, il compianto Emiliano Mondonico, allenatore del primo Napoli retrocesso in B nel 2001 dopo oltre 37 anni, che ad ogni sconfitta della squadra amava ripetere “non e’ questa la partita che dovevamo vincere”.
Nel frattempo noi tifosi ci chiedevamo quale era quella che avremmo dovuto vincere visto che le perdevamo tutte!
E’ lo stesso atteggiamento che hanno i banchieri e le penne di regime che difendono un sistema che presenta ormai più buchi di una fetta di formaggio svizzero.
Mi piace provocarli, ad ogni dibattito pubblico e televisivo, con l’arte diametralmente opposta e cioè con la generalizzazione. Anche perché non è molto lontana dalla realtà. Ci piace generalizzare, è rassicurante, un pretesto per risparmiarci altre fatiche per combattere il “tanto non è sempre così”.
Tutte le banche (tranne poche eccezioni) hanno adottato ed adottano politiche commerciali aggressive e subdole.
Tutte le banche (tranne poche eccezioni) hanno manager vecchi, superati e incompetenti.
Tutte le banche (tranne poche eccezioni) hanno falsificato e falsificano i loro bilanci.
In merito a questa ultima affermazione a poco bastano le dichiarazioni rassicuranti del ministro di turno («..il nostro sistema bancario e’ solido….») oppure dei media di regime schierati a ‘negare’ le preoccupazioni del default degli istituti di credito. Tutto questo minimalismo non basta più.
Tutto questo non offre le giuste garanzie al mercato che continua a bocciare in Borsa il sistema bancario.
Perché?
Perché gli analisti sanno leggere i bilanci e si preoccupano della voce ‘crediti in sofferenza‘, cioè di quei prestiti che non verrano restituiti integralmente e soprattutto saranno rimborsati in tempi lunghi.
E la BCE non può più far finta di non vedere. Come avvenuto in MPS dove, secondo quanto riportato da Il Fatto, dal 28 gennaio scorso sono scattati controlli della Vigilanza di Francoforte mirati a verificare, tra l’altro la veridicità della posta di bilancio degli accantonamenti per le perdite su sofferenze (Npl) derivanti da crediti incagliati (Utp) con anzianità superiore ai sette anni.
Ma perché questa (tardiva) preoccupazione ?
Cosa hanno combinato di preciso le banche in merito alla valutazione nei loro bilanci degli NPL? Semplice, non li hanno valutati come tali!
La regolamentazione derivante dall’accordo interbancario di Basilea che fissa i requisiti patrimoniali minimi degli istituti, il cosiddetto “patrimonio di vigilanza”, per poter “fare banca” e cioé erogare credito sulla base dei risparmi depositati che vanno appunto salvaguardati, obbliga le banche alla registrazione nel proprio bilancio, per ogni credito concesso, di accantonamenti “prudenziali” per le “perdite attese”, con relativa diminuzione quindi degli utili per gli azionisti.
Accantonamento che diventa nettamente superiore se quel credito concesso diventa un “credito di dubbio recupero”.
A questo punto siamo sicuri che i crediti sani siano davvero tali?
Ma se invece la BCE, come pare stia facendo, le ispezioni le concentrasse sui crediti cosiddetti ancora in bonis o presunti tali (sui quali gli accantonamenti da fare sono nettamente inferiori a quelli previsti per i “deteriorati”)?
E se si accorgesse che l’impresa beneficiaria del finanziamento avesse già manifestato evidenti segnali di crisi (ha ricevuto un pignoramento da Equitalia per mancato pagamento della Tarsu, non paga le rate di mutuo da oltre otto mesi, ha i fidi interamente utilizzati o sconfinati ed effettivamente incagliati), da controllore la considererebbe tra i “crediti in bonis” o tra i “crediti deteriorati”?
E se facendo una indagine in Centrale Rischi verificasse che quel finanziamento è ancora tra i “crediti in bonis”, come dovrebbe classificare il bilancio di quella banca?
Falso.
Ma i difensori del sistema, anche questa volta, diranno, citando Mondonico, che “non era quella la partita da vincere”