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Cari banchieri italiani, ripassate la Costituzione
Giovanni Sabatini, direttore generale Abi, ha dichiarato che «il taglio della deducibilità degli interessi passivi delle banche è una misura contraria ai principi della Carta». Forse non conosce l’articolo 47.
Garanzie e privilegi dei banchieri non si dovrebbero toccare. Altrimenti sono minacce (da parte loro), nel nome della Costituzione. I deliri di onnipotenza dei manager degli istituti di credito raggiungono infatti livelli di follia incontrollata quando le certezze consolidate e protette degli ultimi 25 anni sono messe in discussione o addirittura abbattute. Fanno quasi tenerezza. È avvenuto anche scorsa settimana quando si è avuta conferma che pure le banche contribuiranno alle coperture della manovra finanziaria con una deducibilità degli interessi passivi ridotta all’86% dall’attuale 100%.
Ricordiamo che per le banche gli “interessi passivi” rappresentano il prezzo che le stesse pagano ai risparmiatori per il fatto che questi ultimi depositano i loro soldi nelle casse degli istituti di credito. È il costo della “provvista” per poter fare poi gli “impieghi”, cioè erogare prestiti da cui ricevono invece in cambio interessi (attivi) da parte dei beneficiari. Un normale processo produttivo, molto simile a quello di un fornaio che, per produrre il pane e venderlo a 2 euro al chilo, ha bisogno di comprare farina a 50 centesimi al chilo.
Impudente invece lo sdegno con cui Giovanni Sabatini, direttore generale Abi, ha dichiarato che «il taglio della deducibilità degli interessi passivi delle banche è una misura contraria ai principi della Costituzione». Ed ha aggiunto che «non si tratta di rimozione di agevolazioni ma di deducibilità dei costi di produzione. Gli interessi per le banche sono come la farina per il fornaio. Questa tipologia di misura andrà a incidere sul costo del credito».
Memento per Sabatini, portavoce dell’associazione nostrana degli istituti di credito:
– il riferimento alla Costituzione da parte dei banchieri andrebbe evitato visto che nessuno ha mai ricordato, in questi ultimi 10 anni, all’indomani dei vari fallimenti bancari, che la Carta prevede anche che la Repubblica incoraggi e tuteli «il risparmio in tutte le sue forme». A nessun manager è venuto in mente che forse quella manovra serve allo Stato per trovare le fonti per risarcire i risparmiatori truffati dalle banche? Ripetere ed imparare a memoria l’articolo 47 prima di parlare, con cattivo gusto, di carta costituzionale!
– Il terrorismo psicologico è un’arma ormai spuntata. Minacciare di chiudere ulteriormente i rubinetti del credito o di alzare il prezzo dei finanziamenti potrebbe essere manifestazione di una volontà contraria ai principi della Costituzione (sempre l’art. 47 recita: «La Repubblica disciplina, coordina e controlla l’esercizio del credito») oltre che sicuramente un atto di autolesionismo gestionale che conduce le banche direttamente verso il default. Il panorama che si presenta dinanzi mostra una vulnerabilità del business bancario tradizionale minacciato dalle FinTech. Cosa stanno facendo le banche sul piano della Fintech per adeguarsi al nuovo modo di “consumare”? E come pensano di combattere i nuovi competitor che si stanno affacciando sul mercato? Nessuna risposta. Stanno arrivando i colossi come Google, Facebook, Yahoo e il nostro sistema bancario utilizza ancora l’intimidazione come arma per ottenere privilegi. La preistoria!
– la parte di Calimero, il personaggio di una nota pubblicità italiana degli Anni 70, un pulcino sfortunato che dichiarava di essere «piccolo e nero», non si addice al banchiere.
Ricordiamo che l’ultimo “aiutino” alle banche da parte di un governo è del maggio 2017 quando è stata introdotta una modifica alla disciplina sulle imposte anticipate che di fatto si è tradotto in una agevolazione fiscale per le banche italiane in crisi. Un effetto delle correzioni alle norme sulle dta (deferred tax asset) varate dal governo Gentiloni con il decreto legge 50 del 2017, ovvero la manovra correttiva sui conti pubblici. La correzione ha consentito agli istituti di credito di beneficiare di uno sgravio maggiore sulle perdite fiscali grazie alla riformulazione dell’Ace (aiuto alla crescita economica). In altri termini lo Stato ha anticipato i crediti di imposta (deferred tax asset, letteralmente imposte anticipate) a causa delle ingenti perdite registrate nel 2016 da alcune banche per ripulire i loro bilanci. Il fornaio non ha beneficiato di questa agevolazione.
A cura di Vincenzo Imperatore