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Si scrive banca ma si legge Bank, Banque o Banco
Articolo a cura di Vincenzo Imperatore
Gli azionisti stranieri si stanno prendendo il nostro sistema bancario. Possiamo permetterci che il rapporto finanziario tra generazioni sia nelle mani di persone che non hanno nessun legame con l’Italia, con le persone e con i territori dove opera l’istituto di credito?
Complottista, populista, opportunista. Quando oltre 4 anni fa ho iniziato a denunciare i mali della finanza, così mi sentivo dire dai banchieri meno scettici che, sebbene in minoranza, non si scandalizzavano di fronte alle mie analisi, salvo poi ricredersi, quando non condannati, di fronte alla cronaca (giudiziaria) da loro stessi alimentata. Faranno lo stesso anche ora visto che, da qualche mese, sto ribadendo che è in atto nel nostro Paese uno strategico indebolimento del nostro sistema bancario per consegnarlo nelle mani di alcune lobby internazionali potenti ? Probabile. Ma i segnali sono molto precisi.
LA MIOPIA DEGLI ISTITUTI DI CREDITO. La riforma delle Bcc, le linee guida nella gestione degli Npl , il silenzio sul bubbone Deutsche Bank, l’introduzione di indicatori di patrimonializzazione sempre più stringenti, la standardizzazione dei controlli verso quelli meno virtuosi, un management vecchio e colluso con le logiche della malafinanza, sono tutti elementi che stanno confermando una visione miope, tecnocapitalista e riduzionista delle aziende di credito il cui peso, ruolo, responsabilità economica e sociale, ricordiamolo, è così grande che non può essere lasciato in mano a politici silenti e pavidi quando non conniventi. Qualche esempio emblematico può essere tratto dal libro Siamo molto popolari di Corrado Sforza Fogliani che fornisce risposte a una domanda precisa: quanti azionisti italiani ci sono oggi nel capitale sociale delle nostre banche?
Quanti azionisti italiani ci sono tra i 30 principali proprietari di Unicredit? Uno! E si tratta di Banca Intesa San Paolo (!) che si trova al 23esimo posto. Degli altri 29: 17 sono americani (sette nei primi 10), tre francesi, due tedeschi, uno degli Emirati Arabi (il secondo azionista per dimensione dopo un americano), uno norvegese, uno giapponese, uno delle Bermuda, uno svizzero (la banca Ubs), uno della Gran Bretagna e uno Lussemburghese. E quanti italiani ci sono tra i 30 principali azionisti di Intesa San Paolo? Quattro! Qui almeno il primo azionista è italiano con poco più del 9%. E tra gli altri tre del nostro Paese (se si possono definire ancora così ) guarda un po’ c’è anche Unicredit (!) al 26esimo posto. Degli altri 26: 12 sono americani (cinque nei primi 10), cinque francesi, due tedeschi, uno norvegese, uno giapponese, uno delle Bermuda, uno svedese, uno svizzero (la banca Ubs), uno della Gran Bretagna e uno canadese.
Ancora, chi sono oggi gli azionisti delle ex grandi banche popolari italiane obbligate da una riforma discutibile a trasformarsi in Spa? Quanti azionisti italiani ci sono tra i 30 principali di Banco Bpm (ex Popolare di Milano ed ex Banco popolare già di Verona e Popolare italiana)? SeiI Qui il primo azionista è norvegese. E tra gli altri cinque italiani, sempre che si possano considerare ancora tali, guarda un po’ c’è anche Unicredit (!) al ottavo e Banca Intesa al 24esimo posto. Degli altri 24: sei sono americani (cinque nei primi 10), sei inglesi, cinque francesi, uno tedesco, uno irlandese, uno giapponese, uno svizzero (la banca Ubs), uno belga, uno lussemburghese e uno canadese.
Infine, quanti azionisti italiani ci sono tra i 30 principali di Ubi banca (risultato della fusione di oltre 10 Istituti di credito come Popolare di Bergamo, Banco di Brescia, Banca popolare commercio e industria, Banca lombarda, Banca popolare di Ancona, Banca Carime, ecc..)? Quattro! Qui i primi due azionisti sono italiani con circa il 9,50% insieme, e tra gli altri due italiani guarda un po’ c’è anche Intesa San Paolo (!) all’ottavo posto. Degli altri 26: sei sono americani (quattro nei primi 10), quattro inglesi, cinque francesi, due tedeschi, due Canadesi, un norvegese, due irlandesi, uno svedese, uno belga, uno australiano, e uno del Lussemburgo.
IL RISCHIO DI UN SISTEMA BANCARIO IN MANO STRANIERA. Possiamo permetterci come Paese che il risparmio degli italiani, che la nostra garanzia per il futuro, che il rapporto finanziario tra generazioni sia nelle mani di azionisti che non hanno nessun legame l’Italia, con le persone e con i territori dove opera la banca? Siamo proprio tranquilli che siano le mani migliori e che hanno a cuore anche i nostri interessi di famiglie e imprese così intrecciati con il destino di quelle istituzioni? Spero di sbagliarmi ma di questo passo, tra un lustro (massimo due), il nostro sistema bancario si ridurrà in 7-10 grandi gruppi in mano a capitale straniero. Urge riflessione politico istituzionale. Meglio complottisti che dietrologi. Quelli non li sopporto.