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La finanza comportamentale: una partita psicologica con la banca
Negli ultimi anni una serie di studi ha messo in luce quella che potremmo chiamare finanza ingenua o, più tradizionalmente, finanza comportamentale.
Articolo a cura di Vincenzo Imperatore su “Il Roma”
Da sempre, nella formazione degli operatori della finanza (e non dei risparmiatori), viene dato un giusto peso alle nozioni economiche e finanziarie che concorrono alla formazione dei prodotti che vengono collocati.
Negli ultimi anni, però, una serie di studi ha messo in luce quella che potremmo chiamare finanza ingenua o, più tradizionalmente, finanza comportamentale.
Si tratta, in sostanza, dell’analisi dei modelli mentali con cui i profani si rappresentano il rischio connesso agli investimenti e le motivazioni che guidano le decisioni in questi ambiti. La finanza comportamentale ci aiuta a capire i processi mentali che si innestano nella nostra testa quando dobbiamo gestire il nostro denaro.
E i bancari (gestori e management) si sono adeguati e fanno tanta formazione al riguardo. Il bancario sa che i comportamenti dei risparmiatori non sono casuali o irrazionali. Sono sistematici e guidati dalle loro procedure cognitive.
Il lavoro degli studiosi di psico-economia ha evidenziato come le modalità quotidiane di presa di decisione e le emozioni così innescate possano sfociare in quelle che potremmo definire trappole cognitive o “tunnel”: una volta che un problema è stato impostato in un certo modo è difficile sfuggire, sul piano comportamentale, a una serie di conseguenze.
I bancari (gestori e management) sono quindi consapevoli del formarsi di tali conseguenze per “sfruttarle” e non per impostare meglio un dialogo e mantenere una relazione sana e trasparente con il cliente.
La rubrica “Lo Sportello” tenterà di illustrare, in modo non tecnico ma approfondito, tutti gli argomenti più rilevanti dal punto di vista delle applicazioni della finanza comportamentale attraverso un ciclo di puntate appositamente dedicate.
Il punto di partenza e’ rappresentato dai risultati, davvero sorprendenti, tratti da una ricerca condotta al riguardo qualche anno fa da Andrea Beltratti, professore alla Bocconi.
In primis, sembra una ovvieta’, la scelta di allocazione delle disponibilita’ di un risparmiatore su un determinato prodotto finanziario, è influenzata dalle modalità di offerta.
Ad esempio, se il prodotto comprende la scelta tra due fondi azionari e due fondi obbligazionari la decisione finale prevalente sarà un investimento del 50% in titoli azionari. Ma se il prodotto comprende tre fondi azionari e uno obbligazionario, la scelta finale sarà probabilmente un investimento del 75% in titoli azionari.
Siamo, in altri termini, schiavi di contesti in cui ci troviamo a decidere e dalla forza di particolari meccanismi cognitivi.
Sempre in linea con questo modo di pensare, Beltratti ricorda che altre analisi mostrano che le persone tendono a dare troppo peso alle singole notizie, senza porle in contesti più ampi.
Per esempio, se la settimana scorsa sono usciti dati migliori delle attese sulla fiducia dei consumatori, provocando un entusiasmo d’altri tempi e una crescita dei mercati azionari del 3%, e’ possibile che qualcuno si sia dimenticato di porre questa notizia nel contesto di una situazione generale ancora negativa dal punto di vista congiunturale e abbia erroneamente pensato che l’arrivo di una rondine abbia portato la primavera?
Cercheremo quindi nelle prossime puntate di questa rubrica non tanto e non solo di rispondere a interrogativi del genere, ma di fornire gli strumenti più generali per analizzare i meccanismi e le motivazioni che innescano scelte altrimenti inspiegabili.