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Banche, guida per costruire una reputazione solida
Trasparenza. Consulenti in grado di accompagnare il cliente nell’investimento. Soddisfazione dei dipendenti. E livellamento degli squilibri salariali interni. Ugo Biggeri di Banca Etica svela la sua ricetta.
Articolo a cura di Vincenzo Imperatore su Lettera43
È inutile girarci intorno. Esiste una equazione perfetta nel mondo della finanza: quando i valori e l’etica su cui poggia l’attività di un banchiere sono solidi, risulta solida anche la banca nei suoi fondamentali, ossia in quei parametri che misurano il suo grado di salute. E soprattutto dobbiamo convincerci che per una banca è possibile fare utili ed essere onesti.
LA NORMALITÀ È DIVERSITÀ. Ce lo conferma Ugo Biggeri, presidente di Banca popolare etica, nella terza puntata della lunga intervista realizzata per il libro Sacco Bancario (Chierelettere). Un banchiere “diverso”, con una diversità che dovrebbe rappresentare normalità. Ma in questo Paese la normalità dei banchieri è forse quella rappresentata dal vice presidente dell’Abi Beppe Ghisolfi nella sua ultima “apologia” (il libro Banchieri) laddove ci sono anche indagati per i reati di associazione a delinquere, truffa e appropriazione indebita, con l’aggravante dell’articolo 7.
Le puntate precedenti:
- Banche, le pressioni della politica si combattono coi bilanci a posto
- Il marcio del sistema creditizio visto da un banchiere
DOMANDA. Come si costruisce, in concreto, la reputazione di una banca?
RISPOSTA. Se si vuole valutare una banca sul piano dell’etica, un buon criterio può essere chiedere su quali progetti sta investendo i suoi fondi. Da un lato credo che il risparmiatore abbia tutto il diritto di sapere se i suoi soldi vengono impiegati per finanziare l’economia reale o per scommettere al casinò della speculazione finanziaria. Se ci pensate bene, ancora non sappiamo che fine fanno i soldi delle banche. È assurdo. Il cliente deve poter ottenere certe informazioni.
D. Sta dicendo che c’è poca trasparenza?
R. Sotto questo punto di vista un po’ più di disclosure, una certa attitudine alla trasparenza sugli investimenti, sulla policy aziendale, sulle modalità di lavoro, è necessaria. La finanza è ancora una materia troppo opaca, ammantata di mistero. Anche sulla governance è indispensabile maggiore trasparenza: perché un azionista o un risparmiatore non può sapere di cosa si occupa il Consiglio di amministrazione della sua banca?
D. Cosa farebbe?
R. Non parlo di svelare segreti industriali, ma di dare evidenza ai temi che una banca ritiene davvero strategici. La trasparenza è uno dei temi che più può concorrere alla reputazione positiva di una banca, e la reputazione non è un comunicato stampa in cui ci si dice da soli quanto si è bravi. La reputazione è un processo collettivo a cui partecipano soci, clienti, opinione pubblica.
I dipendenti si motivano quando si sentono di mettere la propria professionalità a servizio di un progetto con una finalità sociale forteUgo Biggeri, presidente di Banca popolare etica
D. Ha dimenticato i dipendenti. Risulta che il livello di soddisfazione complessiva del bancario negli ultimi anni sia notevolmente calato.
R. I dipendenti non si motivano mettendoli in competizione per raggiungere bonus economici, ma quando si sentono di mettere la propria professionalità a servizio di un progetto con una finalità sociale forte. Chi lavora in Banca Etica sa che ogni giorno contribuisce attivamente alla realizzazione di un mondo migliore.
D. Di chi è la colpa di questa situazione?
R. Le banche oggi non godono affatto di buona reputazione ed è facile parlarne male. Ma anche noi cittadini abbiamo contribuito, facendoci attrarre da servizi a basso costo e da un po’ di interesse sui risparmi, senza cogliere il potere che abbiamo, come risparmiatori, di orientare le banche verso attività a impatto sociale e ambientale positivo.
D. Che ne pensa dell’applicazione della Mifid nella disciplina degli incentivi al management e dell’idea di proporre un controllo preventivo da parte di Consob o Bankitalia sui sistemi di incentivazione dei top manager?
R. Sarebbe molto positivo. Anche perché il sistema attuale favorisce la vendita al pubblico dei prodotti finanziari peggiori. Credo che gli incentivi possano aiutare a indicare una giusta direzione da intraprendere per lo sviluppo di un’impresa, ma non possono diventare il fine ultimo.
I comportamenti opachi iniziano sempre quando l’unico scopo è il profitto a breve termine. Servono obiettivi di budget sociale e ambientaleUgo Biggeri, presidente di Banca popolare etica
D. Qual è uno dei problemi maggiori?
R. I comportamenti opachi iniziano sempre quando l’unico obiettivo è il profitto a breve termine. In Banca Etica (dove finora non avevamo sistemi di incentivazione delle prestazioni) ci stiamo interrogando su un modello originale per la generazione di incentivi, che non siano basati sulla logica di convenienza per la banca nel vendere uno specifico prodotto, ma su parametri propri della nostra missione: capacità di buona gestione nella relazione con il cliente, contenimento delle criticità, impatto sociale e ambientale raggiunto in un territorio. Affiancandoli a obiettivi di budget sociale e ambientale, tipici della nostra mission. Non sarà un percorso facile, ma sono ottimista.
D. Per tanti anni nel mondo della finanza italiana si è premiato chi vendeva di più e non chi vendeva meglio. In base a quanto lei dice potrebbe essere quindi buona idea quella di una certificazione dell’etica del venditore bancario?
R. Sì. È necessario definire bene i parametri e i meccanismi di certificazione affinché non siano autoreferenziali. I venditori e i consulenti dovrebbero accompagnare il cliente nei suoi percorsi di investimento, dare consigli su misura. Non è pensabile che le persone “nascano imparate” in fatto di finanza.
D. Da cosa bisogna partire?
R. Servirebbe che la gente capisse innanzitutto i concetti basici come “scadenza di breve” di “medio” e di “lungo periodo”. Solo così potrà decidere in maniera consapevole. Ma il vero punto chiave è un altro.
D. Cioè?
R. Dobbiamo delineare con precisione la figura del consulente: può diventare un problema, per esempio, il fatto che percepisca una percentuale sempre diversa, o variabile, a seconda del prodotto che vende. Dietro ci possono essere fini poco trasparenti. Il cliente deve essere messo nelle condizioni di sapere se un prodotto gli viene proposto nel suo interesse o perché il consulente vuole ottenere un tornaconto personale. E Mifid 2 sembra venire parzialmente incontro a queste esigenze.
In Banca Etica la differenza tra lo stipendio più alto, quello del direttore generale, e il salario di un neo assunto è di 4,74. Io prendo 3 mila euro netti al meseUgo Biggeri, presidente di Banca popolare etica
D. Parliamo un po’ di stipendi. Il rapporto tra lo stipendio più basso e lo stipendio più alto nel nostro sistema bancario è mediamente di 1 a 50. Non le sembra un po’ alto?
R. Le rispondo con i fatti. Secondo le regole che ci siamo dati insieme ai soci in Banca Etica il rapporto previsto deve essere uno a sei, attualmente la differenza tra lo stipendio più alto, quello del direttore generale, e lo stipendio di un neo assunto è di 4,74, inferiore cioè a quanto abbiamo previsto.
D. Qualche esempio?
R. Come presidente ho un’indennità che, tolte le tasse, è di circa 3 mila euro al mese. È una cifra che permette di vivere bene, ma è una cifra di gran lunga inferiore a quelle che girano nel sistema bancario. Nelle banche sembra che l’unico modo per attirare competenze sia quello di pagare stipendi sempre più elevati. I nostri collaboratori, quadri, dirigenti, vengono da altre esperienze bancarie, ma sono stati attratti dalla possibilità di mettere la propria professionalità a servizio di un progetto bancario con finalità sociali, non dalla retribuzione. Uno stile di vita.