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Derivati e banche tedesche e francesi
Uno degli sport più’ diffusi negli ultimi anni e’ stato “l’attacco alle banche”.
Articolo a cura di Vincenzo Imperatore su “Il Roma”
Uno degli sport più’ diffusi negli ultimi anni e’ stato “l’attacco alle banche”. Una disciplina tralaltro praticata male soprattutto per mancanza di “tecnica di base” ma anche per la spettacolarizzazione dei media che, contrariamente a quanto avviene per gli altri sport laddove i partecipanti ricevono forti incentivi economici, può creare danni non sempre fornendo le giuste e/o tempestive informazioni.
Il top della spettacolarizzazione delle questione-banche viene raggiunto con l’analisi sommaria del fenomeno NPL (o crediti deteriorati) che sembrano essere diventati il principale problema del sistema bancario europeo.
Una balla, una sciocchezza! Una fake news creata ad arte dalle potenti lobby finanziarie mondiali.
Siamo nella mani della finanza internazionale che crea attenzione laddove vogliono le principali potenze europee (Germania e Francia): accendere i riflettori sul problema dei crediti deteriorati per trasferire parte della responsabilità del disastro della inefficiente analisi creditizia sulla crisi economica e soprattutto per distrarci da problemi molto piu grossi.
Sul primo punto abbiamo ampiamente affrontato il tema su queste colonne ribadendo che, una volta effettuato un profondo change management e quindi recuperata una cultura di onesta’ e di trasparenza nei rapporti con la clientela, il vero problema del sistema bancario e’ rappresentato dal recupero della redditività in un contesto economico diverso. Dopo 10 anni dall’inizio della fase recessiva non si può ancora addossare la colpa dei bilanci in perdita delle banche al fatto che i npl si sono prodotti per effetto della crisi economica. La crisi non esiste più’!
Oggi, oltre alla più volte ribadita inefficienza manifestata dalle banche nella gestione della erogazione creditizia, siamo di fronte ad un pianificato cambiamento del modello economico basato su diversi livelli di reddito e di consumo e su una redistribuzione della ricchezza che accentua le diseguaglianze sociali (nel nostro paese il 40% piu ricco detiene circa l’85% della ricchezza nazionale lasciando al 60% piu povero appena il 15%).
Ma l’aspetto su cui pochi si confrontano riguarda pero’ l’effetto-distrazione prodotto per allontanare lo sguardo dalla bomba, finora inesplosa, dei titoli tossici in pancia alle banche europee (soprattutto tedesche e francesi). Se pensiamo infatti ai circa 270 miliardi di crediti deteriorati italiani, ci può’ scappare solo una risata (di sconforto) se li confrontiamo con i 25 bilioni di euro di esposizione in derivati della Deutsche Bank. Almeno un paio di volte il Pil dell’eurozona!! Un calo del valore di questi asset anche solo del 5% e i soldi sborsati per ricapitalizzare il Monte Paschi Siena (o Unicredit) diventerebbero una inezia.
Eppure pochi ne parlano!I parlamentari europei (e a maggior ragione quelli italiani) hanno poco peso (eufemismo!!) nei confronti della BCE che, essendo un organo assolutamente indipendente, non risponde al potere politico ed ha un obiettivo preciso: costringere le banche, attraverso una normativa sempre piu’ stringente, a svalutare gli npl per farli acquistare a condizioni di favore ai grandi fondi stranieri, privilegiando quindi una finanza speculativa rispetto alla finanza commerciale classica e per consegnare, entro massimo un lustro, le banche del nostro paese (oggi ne contiamo circa 600 mentre nel ‘96 avevamo circa 1.000 istituti di credito) nella mani di 7-10 grandi gruppi prevalentemente a capitale straniero.
Per realizzare questo disegno occorre manipolare l’informazione parlando dei “soliti” crediti marci.
Se solo qualche partito affrontasse questo tema negli ultimi giorni di campagna elettorale, probabilmente farebbe rifletterre qualche punto percentuale di quegli “indecisi” (circa il 12% degli elettori secondo gli ultimi sondaggi) tra cui probabilmente ci saranno anche i clienti di Deutsche Bank Italia che detiene (bilancio 2016) circa 34mila milioni di euro di risparmio degli italiani.