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Turnover dei promotori finanziari nelle reti: come agire
I cambi di casacca solo per fare soldi attraverso i bonus vanno gestiti. Nel 2018 arriva la disciplina Mifid II. Ma tra premio d’ingaggio, trasparenza e solidità patrimoniale delle società c’è ancora molto da chiarire.
Articolo di Vincenzo Imperatore su Lettera43
Prendo spunto da un’intervista rilasciata da Giacomo Campora, direttore generale di Allianz Spa e amministratore delegato di Allianz Bank, a Citywire in occasione del Forum Ambrosetti di Cernobbio per affrontare il tema del turnover selvaggio dei promotori finanziari nelle reti. Semplificando, si tratta di capire il fenomeno del continuo “cambio di casacca”, così come specificato da Campora, che una buona fetta di promotori finanziari esercita come “professione” per fare soldi attraverso l’incasso un bonus dal nuovo intermediario grazie al trasferimento del suo patrimonio gestito.
NIENTE AGEVOLAZIONI A CHI CAMBIA. In particolare Campora si sofferma sulla eccessiva aggressività nell’attività di reclutamento degli ultimi tempi manifestata da banche e reti di promotori finanziari sottolineandone le cause («in particolare oggi so che in tutte le reti c’è grande fermento perché molti vedono il secondo semestre 2017 come l’ultima possibilità di cambiare rete prima della aumentata trasparenza portata da Mifid II»), ma soprattutto suggerendo una soluzione («chi gestisce le reti non deve agevolare chi ha fatto del cambio di casacca una professione»).
IL NODO DEL PREMIO DI INGAGGIO. Come ho avuto modo di ribadire in un post su Facebook, sono pienamente d’accordo con Campora, ma al riguardo occorre fare alcune considerazioni. Innanzitutto, conoscendo quel sistema, siamo certi che la copiosa (centinaia di pagine) disciplina Mifid II, in vigore nel 2018 con l’obiettivo di garantire un livello superiore di trasparenza nei confronti del cliente attraverso la esplicitazione di tutti i costi che lo stesso sostiene, prenda in considerazione anche il “premio di ingaggio”?
I clienti di una rete di promotori finanziari sono solitamente di natura “private”, con elevate disponibilità, con una cultura finanziaria media più evoluta ma soprattutto molto attenti alle eventuali variazioni di condizioni proprio perché anche pochi basis point di commissione possono incidere su quei patrimoni in maniera determinante ai fini del rendimento complessivo.
SPETTA ALLA CONSOB CHIARIRE. A tal proposito dobbiamo tener ben presente che quella tipologia di cliente è molto attenta sia ai costi espliciti (quelli che vede subito e presenti suoi prospetti informativi) sia a quelli impliciti (non immediatamente percepibili come la commissione di gestione di un fondo). Spetta quindi alla Consob chiarire bene questo aspetto prima della entrata in vigore della direttiva comunitaria e accendere un faro su una problematica che, se ben disciplinata, può costituire un primo deterrente per i “professionisti del cambio casacca”.
E LA SOLIDITÀ PATRIMONIALE? Dire a un cliente «senti da domani non sarai più cliente di Banca X ma di Banca Y perché io devo guadagnare 500 mila euro» sarà un po’ più difficile. Il secondo aspetto riguarda invece la solidità patrimoniale delle società intermediarie (banche e Sim) che influenza fortemente lo scarico del bonus di ingaggio sui rendimenti dei clienti.
Laddove infatti ci troviamo di fronte a banche o Sim con ottimi ratios patrimoniali, il reclutamento di consulenti da altre reti può essere visto come investimento alla stregua di quelli effettuati dalle banche quando aprono (meglio dire aprivano…) nuovi sportelli. Su questa rubrica abbiamo più volte sottolineato che l’indice Core Tier 1 può essere un utile (ma non l’unico) indicatore.
IL PROBLEMA DEI BUCHI DI BILANCIO. Il problema nasce quando quell’attività selvaggia di recruiting è fatta da aziende i cui bilanci presentano buchi: in questo caso il costo dell’arruolamento non riuscirebbe a creare valore per l’azienda. Forse è per questo motivo che Allianz Bank è prima nella classifica del reclutamento a luglio 2017?