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In finanza ci vogliono diseducati, inesperti e obbedienti
Il nostro Paese non investe nemmeno un euro per insegnare ai cittadini, fin da quando sono bambini, come usare, gestire, conservare, indirizzare, proteggere, il loro denaro. E no, non è un caso.
Articolo a cura di Vincenzo Imperatore su Lettera43
La settimana scorsa ero in auto per un viaggio abbastanza lungo e, verso ora di pranzo, ho deciso di fermarmi a prendere un panino in autogrill. Tanto per cambiare, all’ora di punta, c’era la solita coda. Eccomi in fila davanti a una delle casse, in attesa del mio scontrino e del mio pranzo veloce. Veloce, si fa per dire. Perché l’operaio davanti a me era fermo da un bel po’ in una trattativa con la cassiera, che comincia a spazientirsi.
NUMERI MINACCIOSI. «Il resto, gliel’ho già dato». L’uomo: «Mi ha dato solo 27,60 euro». La ragazza: «Lei me ne doveva 22 e 40. Siamo a posto». L’uomo sembrava perso per un attimo in un altro mondo, fatto di numeri minacciosi. La ragazza lo incalzava: «Lei pagava 20 e 50. Poi ha preso anche le gomme, che costano 1 euro e 90. Fanno 22 e 40. Mi ha dato 50 euro. Quanto fa 50 meno 22 e 40?». La coda si ingrossava, e dietro qualcuno cominciava a innervosirsi. L’operaio, a un certo punto, ha ascoltato una signora accanto a lui: «Guardi che il conto è giusto! Si fidi». A quel punto il combattente, vinto più dalle pressioni della folla che dall’ennesimo calcolo della cassiera, si è arreso: ha afferrato il resto con una manata e se ne è andato, scuotendo la testa. Fuori, immagino, avrà contato quei soldi un’altra volta, e poi un’altra ancora, e ancora…
LA MOLTIPLICAZIONE DEL DUBBIO. Sorrido e penso con tenerezza a quell’uomo: non conosce la matematica. Ma poi il sorriso mi si spegne in faccia. Sto immaginando quell’uomo in banca. E poi, quell’immagine mi si moltiplica come in un caleidoscopio, in migliaia, milioni, di uomini in banca…Quell’operaio non conosce la matematica, ma molti altri italiani sono completamente all’asciutto di una materia, più complessa, che trae linfa dalla matematica come un albero dalle proprie radici più profonde. La materia finanziaria.
Abbiamo già parlato su queste colonne molto mesi fa di educazione finanziaria. Oggi affrontiamo invece il tema della strategica attività di diseducazione finanziaria che diverse forze hanno attuato nel nostro Paese. Mastico amaramente il primo boccone, ricordando che la commissione Bilancio del Senato, durante l’attuale governo Gentiloni, ha bocciato, per problemi di coperture, un emendamento al decreto salva-risparmio che proponeva di introdurre l’educazione finanziaria nelle scuole. La politica non impegna risorse pubbliche a questo fine. Il nostro Paese non vuole investire nemmeno un euro per insegnare ai cittadini, fin da quando sono bambini, come usare, gestire, conservare, indirizzare, proteggere, il loro denaro. Però il ministro Padoan ha promesso la istituzione di una commissione per la costruzione di «una strategia nazionale di educazione finanziaria».
L’ETICA NEL RISPARMIO. Fuffa! Si soffermasse piuttosto sul primo, indispensabile e inevitabile passaggio per la costruzione di un progetto di consapevolezza finanziaria: la dura repressione di chi commette reati finanziari o assume comportamenti poco etici negli affari che riguardano i nostri risparmi. Sarebbe il pilastro che eviterebbe al risparmiatore di studiare il “manuale di sopravvivenza” per entrare in banca. Invece nel nostro Paese sono stati approvati negli ultimi anni ben 11 provvedimenti legislativi per il salvataggio delle banche e nessun decreto per accentuare le pene di chi ha prodotto i default degli istituti di credito. Della serie: piuttosto che evitare la guerra, si invita il cittadino a comprarsi il vademecum per meglio districarsi nelle difficili situazioni belliche.
POTERE AGLI AZZECCAGARBUGLI. Eppure, a casa nostra, il livello di conoscenza di questa materia è «tra i più bassi nelle economie avanzate, sia tra gli adulti che tra gli studenti» e le rare iniziative di educazione finanziaria di cui si ha notizia sono frammentate, affidate ai privati e con pochi partecipanti. Perché? Nel nostro Paese l’educazione (meglio diseducazione) finanziaria è invece affidata alla sola informazione fornita da dipendenti bancari reclutati proprio per essere poco trasparenti e non etici oppure a professionisti della consulenza in conflitto di interessi e tuttologi. Quelli che pensano – o peggio, fanno credere ai clienti – di potere risolvere qualsiasi problema. Peccato che alcuni di questi Dottor Azzeccagarbugli finiscano solo per fare al portafoglio dei cittadini e delle aziende grossi danni.
Forse, si vuole proprio «mantenere il cittadino nel buio e nella mediocrità». Fare in modo che continui a non comprendere i trucchi usati per controllarlo e opprimerlo. E anche la qualità della consulenza finanziaria dev’essere la più povera e mediocre possibile, in modo che il gradino di consapevolezza, tra “classi inferiori” e “superiori” non sia così facile da risalire. Meno conoscenza dei problemi reali, meno reattività. Il perché è ovvio. Più un popolo sarà finanziariamente avveduto e informato, meno le banche (e anche i consulenti) potranno fare i loro sporchi affari a danno di cittadini ignari. La lobby finanziaria (e anche professionale) induce quindi la classe politica a mantenere nella assoluta ignoranza il consumatore.
L’OBIETTIVO È IL CONTROLLO SOCIALE. Pensateci. Non sappiamo nulla di materia finanziaria, ma i maghi del marketing sanno tutto di noi. Di quanti soldi abbiamo in tasca. Di come, quanto, quando li usiamo. Non passa giorno senza che qualcuno, dal vivo o online, ci schedi. Sondaggi, studi comportamentali, equazioni statistiche… spesso senza che neppure gli utenti siano stati interpellati. Certi media, i social network, o altre Entità da Grande Fratello ormai ci conoscono meglio di quanto noi stessi pensiamo di sapere di noi. Il sistema, nella maggior parte dei casi, esercita un gran potere sul pubblico, maggiore di quello che lo stesso cittadino esercita su se stesso. È una precisa strategia per il controllo sociale: da una parte ci schedano per conoscerci meglio, dall’altro ci distraggono dai problemi importanti, inclusi i grandi temi che ci toccano da vicino, decisi soprattutto dai poteri finanziari. La tivù ci tiene incollati allo schermo con informazioni irrilevanti. In questo modo si impedisce al cittadino d’interessarsi alle conoscenze essenziali al proprio vivere sociale.
INFLUENZATI E OMOLOGATI. La strategia della distrazione, fondamentale, per le grandi lobby di potere, ha l’obiettivo di mantenere l’attenzione del pubblico concentrata su argomenti poco importanti, così da portare il comune cittadino a interessarsi a fatti in realtà insignificanti. Per esempio, l’esasperata concentrazione su alcuni fatti di cronaca. Oppure rivolgersi al pubblico come se si parlasse a un bambino. Attraverso i toni infantili si cerca di ingannare l’interlocutore, proprio come fanno certi programmi delle trasmissioni generaliste. Se qualcuno si rivolge a una persona come se avesse 12 anni, puntando tutto sulla suggestione, sull’aspetto emotivo più che sulla riflessione, l’interlocutore tenderà a una risposta probabilmente sprovvista di senso critico, proprio come farebbe un ragazzino. L’emozione, infatti, spesso manda in tilt la parte razionale dell’individuo, rendendolo più facilmente influenzabile e omologato. Controllare individui omologati è molto più facile che gestire individui pensanti.