By: gestione
Che parolone “l’etica” in banca: basterebbe l’onestà
In Italia non esiste l’istituto di credito “buono” o quello “cattivo”. Ma è troppo pretendere di non vendere consapevolmente spazzatura ai propri clienti? La finanza nostrana parta dal semplice rispetto della legge.
Articolo a cura di Vincenzo Imperatore su Lettera43
Non può esistere in Italia la banca “buona” o quella “cattiva”, ma può e deve esistere la banca onesta e attenta. Etica, che parolone. E soprattutto che abuso improprio nel nostro Paese. Se poi ci riferiamo al mondo della finanza, allora rischiamo il ridicolo. Quando parliamo di “etica” ci riferiamo generalmente al concetto di “dovere morale” della banca, quindi a un insieme di norme comportamentali che devono essere applicate dall’istituto di credito.
DIALOGO SOCIALE E COMUNITÀ. Etica in banca deve essere soprattutto una somma di comportamenti, delle persone coinvolte nell’organizzazione, condivisi, che tengano conto anche di altri fattori, come per esempio la tutela dell’ambiente con i relativi risvolti sia economici sia bioetici. La definizione di “atteggiamento etico” di un bancario non deve essere legato a concetti quali “buono” o “cattivo”, ma piuttosto a considerazioni sul dialogo sociale e sull’idea di comunità.
RESPONSABILITÀ VERSO TUTTI. Non esiste quindi la banca “buona” oppure “cattiva”, ma può e deve esistere la banca “attenta” a regole che in azienda si traducono in una struttura di governo delle relazioni, in base alla quale la responsabilità degli amministratori non è esclusivamente rivolta agli azionisti, ma deve necessariamente orientarsi verso tutti quei soggetti che, a vario titolo, hanno un interesse diretto nei confronti dell’attività dell’azienda (stakeholder).
Oggi queste responsabilità comprendono, da un lato, il dovere verso la proprietà per la remunerazione del capitale investito, ma dall’altro devono necessariamente tenere in considerazione la responsabilità sociale della banca , cioè come un’impresa influenza e come viene influenzata dal sistema in cui agisce. Che, per esempio, vuol dire non prestare soldi a chi costruisce armi, o abbatte alberi in Amazzonia, o inquina i mari, per fare profitto con le sue aziende.
TUTTI HANNO CODICI ETICI. Le banche si sono date e vieppiù si danno codici etici. I consigli di amministrazione delle maggiori società approvano codici etici di comportamento. La Borsa italiana ha suggerito un codice etico. I fondi comuni d’investimento hanno un codice etico. È stato approvato un codice etico per regolare la buona condotta nelle relazioni e nella circolazione delle informazioni tra procura della Repubblica e sindaci dei Comuni. Abbiamo da tempo i codici etici delle professioni.
RICHIAMI DAPPERTUTTO. Anche le società italiane si forniscono di codici etici per regolare le operazioni con i clienti, con i soci, per gestire i consigli di amministrazione e le assemblee. Le stesse leggi fanno richiamo ai codici etici. Basta scorrere Il Sole 24 Ore, il giornale degli uomini d’affari, per trovare ripetuti richiami all’etica e alla morale degli affari. Sentiamo peraltro dire che lo stesso mercato, i consumatori, i risparmiatori, se resi coscienti dei vantaggi possono premiare le imprese etiche.
Troppa richiesta di etica in un Paese dove i casi di comportamenti immorali (e non solo nella finanza) sono cronaca quotidiana. È tutto così confuso, troppo confuso. Dobbiamo prendere coscienza del senso delle cose attraverso l’analisi, per non lasciarci convincere dalla seduzione, anziché dalla argomentazione; per evitare la trappola di quella propaganda che nei fatti riesce a deviare dagli obiettivi predicati; per sfuggire a quella figura retorica che chiamiamo ipocrisia.
NO ALLA COSCIENZA SPORCA. Non sarebbe più facile parlare e pretendere una banca semplicemente onesta? Fare banca onesta cosa vuol dire? Significa non avere la consapevolezza di fare danni ai propri clienti. Significa prendere decisioni commerciali (che possono anche risultare sbagliate) senza avere la coscienza sporca di chi già sa che sta rifilando un bidone al cliente. Nelle grandi banche in cui ho lavorato noi eravamo consapevoli di vendere prodotti-spazzatura. Chi vende derivati od obbligazioni subordinate è conscio di seminare robaccia.
BASTA RISPETTARE LA LEGGE… E come si può garantire il controllo di questa consapevolezza? Semplice: facendo rispettare la legge. Nel mondo della finanza nostrana, quale progetto etico potrebbe essere assunto dal management se non il semplice rispetto della legge? Quale progetto etico potrebbe unire il popolo dei consumatori bancari se non quel progetto che la popolazione stessa fa proprio nelle leggi dello Stato? E chi fa rispettare la legge ? Vabbè… sono finite le battute a mia disposizione.