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“Io so e ho le prove”, la trasposizione teatrale di Meola.
Prima tra le pagine dell’omonimo libro di Vincenzo Imperatore e ora a teatro, ecco come la politica incancrenita delle banche nella società attuale viene raccontata senza filtri.
Recensione di Irene Bonadies su QuartaParete
Chi oggigiorno non si è mai sentito confuso e sfruttato dalle banche? Saremmo più propensi ad affidare i nostri risparmi al materasso che a farli gestire da eleganti uomini di affari che ci confondo con i loro codici, sigle, tassi e variazioni. Eppure le banche hanno origini antichissime, pare infatti che già a Babilonia fossero di pratica corrente i depositi per conto dei privati; poi dopo l’anno mille con la ripresa dei traffici e, in generale, l’espandersi della vita economica l’attività bancaria ebbe un’espansione per ovviare sia alla scarsità della moneta in circolazione sia soprattutto agli ostacoli che si frapponevano alla circolazione stessa (molteplicità delle coniazioni, alterazioni delle monete, difficoltà e rischi nel trasporto del danaro, ecc.). Da quel momento in poi c’è stata una continua evoluzione delle banche fino ad arrivare al giorno d’oggi dove la banca è una vera e propria impresa che raccoglie denaro nel mercato (per lo più sotto forma di depositi) e lo impiega in vari tipi di prestiti, offrendo pure una vasta gamma di servizi alla clientela.
Ma purtroppo siamo in una società dove oltre la facciata di un’azienda o di un qualunque uomo in giacca e cravatta pronto a blandirci per ottenere un voto, venderci un bene materiale o un prodotto finanziario c’è un complesso mondo di cui siamo debitamente tenuti all’oscuro perché di certe cose è meglio che non se ne parli. Ed ecco che allora diventa sempre più importante la figura del whistleblower, ovvero di una persona che, come dalla definizione di massa ormai adottata dal 2013 in seguito alle rivelazioni di Edward Snowden sull’attività di “monitoraggio dati” della National Security Agency, si trova ad essere testimone di un comportamento irregolare, illegale o potenzialmente dannoso per la collettività perpetrato da un’organizzazione, un’azienda pubblica o privata di cui fa parte e decide di segnalarlo all’interno dell’azienda stessa o all’autorità giudiziaria o all’attenzione dei media, con l’auspicio di porre fine a quel comportamento.
Fonte foto Ufficio stampaEd è proprio sulla figura di un whistleblower che si incentra lo spettacolo Io so e ho le prove diretto ed interpretato da Giovanni Meola con le musiche di Daniela Esposito, che sta andando in scena con molto successo in diversi teatri campani, prima al Teatro Nuovo di Napoli, poi al Teatro Rostocco di Acerra e ancora al teatro Don Peppe Diana di Portici.
Il monologo è la versione teatralizzata dell’omonimo libro pubblicato nel 2014 in cui l’autore, Vincenzo Imperatore, si confessa e racconta la sua storia di manager bancario che decide di uscire dal sistema che aveva costruito per 20 anni, e di iniziare a parlare e svelare le logiche e i comportamenti delle banche utilizzando tutto ciò che lui, il più allineato degli allineati, aveva visto e a cui aveva preso parte.
Lo spettacolo ripercorre con ironia e dovizia di particolari, alternando ai monologhi rapidi e frenetici di Meola i suoni e i rumori della fisarmonicista che a tratti diventano veri e propri personaggi in scena, la carriera del manager partendo dalla sua umile e semplice vita di quartiere, di quando cioè giocava a calcio con i suoi amici e di studiare non aveva molta voglia, da cui è uscito grazie ad un vero e proprio lavoro di edificazione di carriera curato dalla mamma, “l’architetto”, che per lui aveva in mente un futuro con ben altre e più ricche compagnie di quelle rionali. Così passo dopo passo dal liceo all’università al master di specializzazione, Vincenzo o’ pazz arriva a varcare la porta di un grande istituto bancario dove ricopre le cariche di quadro direttivo addetto alla gestione delle risorse umane, poi direttore di filiale, direttore Centro piccole e medie imprese e infine direttore di area nelle piazze più importanti del Meridione. La banca in tutti questi anni diventa per lui come una seconda mamma, ma in realtà nasconde le sembianze di Mammona.
Fonte foto Ufficio stampaSe, infatti, fino al 2008 la politica bancaria e le direttive ai dipendenti erano vendere-vendere-vendere senza scrupoli tutti i prodotti finanziari creati ad hoc per monetizzare, stimolando i manager con benefit e premi di produzione, dopo la crisi dei mutui subprime e il fallimento di Lehman Brothers, allora la quarta banca d’affari degli Stati Uniti d’America, repentinamente la dirigenza cambia strategia: rientrare-rientrare-rientrare. Ora occorre fare cassa e non si possono concedere più prestiti.
Durante questo periodo il protagonista, a seguito di una convention aziendale dove i top manager del suo istituto bancario rinnegano le azioni e politiche passate riversando tutte le responsabilità delle poco chiare e corrette azioni al middle e low management, ha una sorta di crisi di coscienza: prende consapevolezza degli errori fatti e delle vittime ignare che erano finite nella spirale dei sporchi giochi delle banche e decide di venirne fuori e soprattutto di raccontare ciò che avviene al di là di un front desk di un istituto di credito. Grazie a tutte le circolari, brochure e direttive inviate via mail dai suoi capi e meticolosamente conservate negli anni, Vincenzo Imperatore non solo sa, ma ha anche le prove di questa condotta bancaria che ha vessato per anni ignari clienti, siano essi privati o imprese, e mette tutto nero su bianco.
Con un linguaggio tecnico ma comprensibilissimo, serrato, ritmato, mimato e accompagnato da musiche e suoni, lo spettacolo, vero e proprio esempio di teatro civile, ci fa diventare sempre più consapevoli di una realtà sulla quale magari non ci siamo mai soffermati ad indagare ma che è -ahinoi – molto vicina e alla quale siamo chiamati ad interessarci e interrogarci come pubblico e membro attivo della società di cui si fa parte.