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La rottura brutale del credito
Tagliare i fondi senza preavviso o giusta causa è illegittimo. E può avere conseguenze gravissime. Ma la proposta di legge di Francesco Boccia fu bloccata dalla lobby.
Articolo a cura di Vincenzo Imperatore su Lettera43
La «stretta del credito» negli ultimi otto anni ha ucciso migliaia di aziende a cui sono stati chiusi i rubinetti della liquidità. Ma, al contrario, il credito facile ha anche sconvolto un sistema che oggi si regge su basi di argilla. E quindi parlare della responsabilità delle banche nell’erogazione del credito significa evocare immediatamente quello che è stato definito il dilemma del banchiere, il quale, in presenza di elementi che possano far sospettare una situazione di crisi del cliente affidato, viene a trovarsi fra due fuochi.
IN BILICO TRA DUE RISCHI. Qualora revochi il finanziamento, corre il rischio di essere attaccato dal debitore stesso per recesso ingiustificato dal rapporto (la cosiddetta “rottura brutale” del credito) e di dover risarcire i danni che ne siano derivati (danni che potrebbero essere ingenti, se dalla revoca del fido sia disceso l’effettivo prodursi del dissesto dell’impresa e, quindi, del fallimento). Se, invece, non lo revoca, corre il rischio di un’azione di responsabilità, questa volta extracontrattuale, per concessione abusiva di credito. Ma andiamo per gradi e questa settimana affrontiamo il tema dell’interruzione brutale del credito.
SERVE IDONEO PREAVVISO. La Banca può recedere dal contratto di apertura di credito a tempo indeterminato con idoneo preavviso. Si può evitare il preavviso se c’è una giusta causa di recesso, che deve essere però indicata, in modo specifico, nella comunicazione di revoca immediata degli affidamenti. Pertanto tale interruzione del credito è illegittima quando non viene dato il giusto preavviso oppure addirittura arbitraria quando non sono fornite adeguate motivazioni. E sappiamo benissimo quali gravissime conseguenze può generare sull’imprenditore tale improvvisa interruzione: ad esempio l’impossibilità di utilizzare le disponibilità, l’impossibilità di adempiere alle proprie obbligazioni verso dipendenti e fornitori, verso i locatori di immobili o servizi, verso il fisco.
DALLA BANCA DIPENDE IL FUTURO DELL’IMPRESA. La responsabilità della Banca, ribadita anche dall’Arbitro bancario e finanziario, può dunque determinare il tracollo dell’attività di impresa o addirittura la sua insolvenza. Il danno che ne deriva, non facilmente determinabile in quanto fondato soprattutto su presunzioni, può essere stabilito solo da un giudice. Cosa può fare il cliente indifeso? È superfluo ribadire che ogni banca può legittimamente decidere di non voler fornire denaro a chi non reputa meritevole come cliente ma deve concedere a questo ultimo il tempo necessario per potersi organizzare e scegliere un altro fornitore e soprattutto deve fornire motivazioni che non siano all’improvviso diverse da quelle precedenti che invece ribadivano la fiducia.
ALMENO SEI MESI DI PREAVVISO. Se quindi fino a ieri la relazione non manifestava segnali ufficialidi crisi ricavabili da eventuali lettere sull’andamento anomalo del conto o da richieste di addebito respinte, la banca non può all’improvviso inviare una lettera di revoca dei fidi in cui scrive genericamente che non sussistono più le condizioni per la continuazione del rapporto. Non solo, ma quel “tempo necessario” per consentire alle aziende clienti di riorganizzarsi, sulla base della personale esperienza in materia, non può essere inferiore a sei mesi. Tra l’altro una proposta di legge in tal senso è stata avanzata dal deputato Pd Francesco Boccia, il quale mi riferiva durante le pause di una trasmissione televisiva di averla fortemente caldeggiata senza esito positivo. Non avevamo dubbi, la lobby non lo permette. Ma l’illeggittimità e l’arbitro vanno combattuti in tribunale. E vi assicuro che le banche, al contrario di chi scrive, spesso non hanno le prove.