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L’educazione finanziaria nel nostro Paese
Articolo a cura di Vincenzo Imperatore su il Roma
La commissione bilancio del Senato ha bocciato per “problemi di coperture” (cioè non ci sono i soldi), l’emendamento di maggioranza che proponeva di introdurre le misure per l’educazione finanziaria nelle scuole già con il decreto “Salva-risparmio”.
In altri termini la politica non vuole spendere soldi pubblici per far crescere la cultura finanziria in Italia. Un Paese in cui il livello di cultura finanziaria dei cittadini è tra i più bassi riscontrati nelle economie avanzate per adulti e studenti e quelle poche iniziative di educazione finanziaria sono caratterizzate da “frammentazione” e da un numero di partecipanti modesto. La strategia più efficace e più redditizia è senza dubbio quella di mantenere il cittadino nell’ignoranza e nella mediocrità. Fare in modo che sia inidoneo a comprendere le metodologie usate per il suo controllo e la sua oppressione. Meno conoscenza dei problemi reali, meno reattività.
Se creiamo un popolo educato finanziariamente, le banche non possono più fare i loro sporchi affari a danno di cittadini ignari. La lobby finanziaria induce quindi la classe politica a mantenere nella assoluta ignoranza il consumatore. È una vergogna che il nostro Paese non investa un euro per l’inserimento nei programmi scolastici dell’ora di educazione finanziaria. Nelle nostre scuole abbiamo l’educazione civica, fisica, sessuale, musicale, ma non quella finanziaria.
È una vergogna che la tivù di Stato, un servizio pubblico, non abbia mai pensato di fare programmi divulgativi di cultura finanziaria basica così come, negli Anni 60, promosse l’alfabetizzazione degli italiani attraverso il famoso Non è mai troppo tardi condotto dal prof. Alberto Manzi. È una vergogna che l’educazione finanziaria sia affidata alla sola informazione fornita da consulenti assoldati per essere poco trasparenti e non etici oppure a professionisti “in conflitto di interessi” e tuttologi. È una vergogna che nel nostro Paese non ci sia un editore che abbia voglia di proporre una collana a fascicoli per un corso di competenze finanziarie. Nelle edicole trovi il corso a fascicoli di “taglio e cucito”, quello per costruire il modello del Titanic, per imparare la lingua islandese, ma nulla che possa contribuire allo sviluppo delle competenze finanziarie.
È una vergogna perché poi non riesci a capire come mai nel Paese più “maleducato” dal punto di vista finanziario si siano poi venduti miliardi di euro di obbligazioni subordinate e strutturate nonché di strumenti “derivati”, prodotti che richiedono una elevata specializzazione e competenza da parte dell’acquirente. Una equazione non risolta per un semplice motivo: la manipolazione subdola dei profili di rischio dei risparmiatori. Ma qui si ritorna alle origini e al mio primo articolo per il “Roma” datato 8 ottobre 2015. Nulla è cambiato.