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BpVi, le operazioni poco limpide sugli asset di raccolta
Tratto da Lettera 43
Senza prove non scrivo. Ho una ragionevole certezza, sulla base della documentazione fornitaci da un piccolo risparmiatore, che le banche non si sono fermate.
Nonostante gli scandali, i valori dei titoli azionari che hanno perso circa il 40% da inizio anno, una maggiore e quasi generalizzata consapevolezza dell’opinione pubblica, continuano i deliri di onnipotenza della lobby bancaria.
Che, forte dell’appoggio degli ultimi governi ‘bancocentrici’, sembra ignorare che la distruzione (allo stato di Etruria, Marche, Chieti, Ferrara, BpVi, Veneto Banca, Carige, Tercas, Mps) è avvenuta per effetto di una diffusa incapacità manageriale e dei silenzi assordanti dentro e fuori gli istituti stessi (organi di vigilanza, sindaci e revisori).
Ultimo esempio di errata scelta strategica e commerciale, condivisa tra l’altro dai dipendenti a qualsiasi livello della scala gerarchica, è l’operazione di switching degli asset di raccolta della Banca Popolare di Vicenza.
L’IMPORTANZA DELLA RACCOLTA DIRETTA. La ‘raccolta’ è la somma di tutti i soldi/risparmi che i clienti hanno presso una banca. Si divide, ai fini del bilancio, in ‘raccolta diretta’ e ‘raccolta indiretta’.
Semplificando, la prima è la somma di tutti i saldi positivi dei conti correnti, dei libretti a risparmio, dei certificati di deposito, dei ‘pronti contro termine’ e delle obbligazioni.
È un debito che la banca ha direttamente coi clienti e rappresenta il fondamentale asset (insieme al proprio capitale) che consente a un istituto di credito di fare ‘impieghi’, cioè di prestare soldi a chi li richiede.
Ma, soprattutto, rappresenta uno degli elementi di base per il calcolo degli indici patrimoniali minimi necessari (tra cui l’ormai famoso Cet1) per poter continuare a fare banca. Se non ho raccolta diretta, non posso prestare denaro.
E LA SCARSA INCIDENZA DI QUELLA INDIRETTA. Nella raccolta indiretta, invece, il rapporto è a tre: banca, cliente, chi ha emesso il titolo.
Facciamo un esempio. Se il cliente vuole acquistare quote di fondi comuni di investimento, questo titolo non lo emette l’istituto, ma una società di gestione.
E quindi la banca fa solo da intermediario.
Soprattutto, questi asset hanno scarsa incidenza nella formulazione degli indici patrimoniali di ‘sopravvivenza’.
I risparmiatori in un anno hanno ritirato 8,4 miliardi
La protesta dei soci BpVi.
Ebbene, oltre a tutti gli altri dati negativi ben evidenziati in questi mesi (utili, crediti deteriorati, sofferenze) nel crollo della quotazione della azione (da 62 euro a pochi centesimi), il bilancio della BpVi ha mostrato un forte calo della raccolta diretta, che è passata dagli oltre 30 miliardi del 2014 ai circa 21,9 del 2015.
In altri termini, i risparmiatori hanno ritirato dalle casse della BpVi circa 8,4 miliardi.
E allora quale strategia commerciale adotta il management per frenare questo salasso?
BISOGNA EDULCORARE I DATI. Dopo aver riempito i depositi dei piccoli risparmiatori di azioni della banca (distruggendo risparmi per circa 6 miliardi), sta oggi facendo vendere ai propri clienti quote di fondi comuni di investimento di case terze (Arca nel nostro caso) che rendevano – ma questo omette di dirlo – il 14,5 %. E li sta dirottando su un deposito di risparmio vincolato a sei mesi che produce interessi per l’1,8%.
Quindi smonta la raccolta indiretta per ‘creare’ raccolta diretta. Sempre a danno dei risparmiatori. E si tratta di una operazione datata primo aprile 2016.
Questo perché bisogna presentare la prossima relazione semestrale agli analisti (e agli organi di controllo) con dati edulcorati relativi alla raccolta diretta ai fini dell’aumento di capitale da sottoporre agli investitori istituzionali.
DOVE SONO CONSOB E BANKITALIA? Come si vede, pur modificando gli spartiti (decreti legge, regolamenti interni, policy aziendali), la musica non cambia.
E mi chiedo: dov’è ora la Consob ? Dove sono i controlli di Bankitalia?
Non è che tra qualche mese diranno che i risparmiatori, oltre che avere scarsa cultura finanziaria (Vegas, presidente della Consob), sono anche cosi ‘stupidi’ da vendere ciò che rendeva il 14,5% per acquistare ciò che invece remunera meno del 2%?
Il cambiamento delle banche non deve solo avvenire negli slogan pubblicitari e negli enunciati delle mission aziendali, ma anche attraverso un turnover molto profondo di persone (amministratori e top manager) che insegnino a tutta la rete manageriale e commerciale a vivere e crescere da qui in poi contando su valori di trasparenza e moralità.