By: gestione
I sindacati fanno il gioco della banca che vi spolpa
Tratto da Lettera43
Domenica scorsa sono stato ospite della manifestazione, svoltasi in piazza SS.Apostoli a Roma, organizzata dal comitato delle vittime delle quattro banche non-fallite (salva-banche).
RISPARMIATORI BOLLATI COME SPECULATORI. Osservavo con attenzione le facce di quelli che sono stati addirittura definiti “speculatori” e mi rendevo conto che la manipolazione della informazione e la strumentalizzazione da parte di certa politica rendeva i risparmiatori traditi delle saporite prede per lo show di alcuni squali che fanno più presenza in tivù e sui giornali che nelle aule di tribunale, l’unica vera arena dove poter difendere i diritti violati dei cittadini.Cinque bugie sul salva-banche
Mi sono limitato a portare la testimonianza di uno che conosce certe dinamiche perché le ha vissute (e non perché aveva una carica sindacale, o peggio ancora solo politica o accademica) e cercavo di far capire che il processo di calmierazione della giustificata rabbia parte dall’iniziale meccanismo mediatico-politico di far credere a questi poveri cittadini cinque false verità.
1. Tutto cio è accaduto perché erano clienti di una banca piccola. Bugia. Tutto il sistema ragiona secondo quelle logiche deviate e la cosa che nessuno sottolinea o fa notare è che nel Paese del Gattopardo (si cambia per non cambiare nulla) hanno affidato la presidenza delle quattro banche e la direzione di Etruria a due ex top manager della più grande banca del paese.
Nulla di personale nei confronti dei due prescelti, ma l’istituto di provenienza è la banca che ha collocato più obbligazioni subordinate e strutturate di tutto il sistema secondo una logica (che, ricordiamo, è sempre dettata dal top management) commerciale del tutto simile (pressioni, manipolazioni di profili di rischio, incentivazioni, ecc) a quella ormai denunciata dai clienti delle quattro banche in default. Forse facce nuove erano piu credibili.
2. Tutto ciò è accaduto perché si è incappati nel consulente infedele. Bugia. I prodotti sono costruiti dal top management, le politiche di incentivazione sono pensate dal top management, le pressioni commerciali (quotidiane, costanti, sfibranti) partono dal top management.
Il consulente che ha avuto il contatto diretto con il cliente è solo l’ultima ruota del carro che deve sottostare a una logica del profitto “deviato”. Altrimenti è emarginato.
3. Tutto ciò è accaduto perché, tra i clienti reclamanti la restituzione di quanto indebitamente percepito dalla banca, ci sono tanti “furbetti” che erano consapevoli di ciò che stavano acquistando. Bugia. Gli scaltri e i maliziosi ci sono sicuramente (nel nostro Paese sono presenti in tutti i microcosmi sociali) ma rappresentano solo una minoranza che, secondo la mia esperienza, non supererà il 10 % del totale e che verranno individuati immediatamente (basta vedere la movimentazione storica del dossier titoli).
4. Tutto ciò è avvenuto perché c’è ignoranza, scarsa cultura finanziaria. Bugia. Tutto ciò è avvenuto perché si è omesso di dire ai clienti tutte le caratteristiche (e i rischi) dei prodotti acquistati. Perché si è manipolato il profilo di rischio. L’omissione di certe informazioni avrebbe tratto in inganno anche George Soros. Siamo al paradosso che in caso di furto si corre a casa del derubato per fargli mettere la porta blindata piuttosto che andare dal ladro e fargli pagare la pena.
5. L’arbitrato è l’unica soluzione. Bugia. Perché ancora non è stata approvata la legge che regolamenta il caso de quo; perché, in caso di approvazione, esiste un problema di incostituzionalità; perché con l’arbitrato vogliono comprare il silenzio e le singole difficoltà dei risparmiatori; perché con l’arbitrato il risparmiatore riconosce una mezza complicità.
Due consigli ai risparmiatori
E allora cosa consigliare, senza alcun interesse, ai tanti risparmiatori che domenica (e tuttora tramite i social) mi chiedono cosa fare?
Senza alcun dubbio, per meglio negoziare anche in sede di arbitrato, inonderei dapprima le procure del Centro Italia di querele facendo attenzione sempre a correlarle di due requisiti:
1. La prova. E a tal proposito il profilo di rischio richiesto alla banca (che deve consegnarlo entro 15 giorni secondo Cassazione n 18555 del 2 agosto 2013) rappresenta la dimostrazione evidente della truffa perpretata.
2. L’individuazione soggettiva della responsabilità. Non occorre denunciare la banca in maniera generica perché, come dichiaratomi nel corso di un convegno da un Gip, si mette in difficoltà il magistrato che si trova nella condizione di non sapere da chi partire per iniziare l’interrogatorio (amministratore delegato, direttore generale, capo area, direttore di filiale o consulente?) e le indagini. Si faccia direttamente il nome del consulente con cui si è avuto il rapporto diretto. E ciò non per riversare la responsabilità (che non ha) sulla ultima ruota del carro, ma per iniziare quel processo di “scaricabarile” che porterebbe alla individuazione di una vera e propria strategia di sistema.
E non ascoltare i sindacati
Mentre proponevo questa soluzione ho sentito alle spalle un commento “autorevole” di una star del palcoscenico (dei comizi e delle tivù) che sosteneva di evitare le denunce nominative.
UN COMMENTO INQUIETANTE. Forse ho capito il motivo: aveva la stessa maglia del più grande sindacato del settore bancario (per numero di iscritti).
Chi ha orecchie per intendere intenda.
Qui più che di vittime del salva-banche, mi sembra di assistere al funerale delle vittime del salva-tutti.
Vi sono vicino cari amici.