By: gestione
E ora? Così le banche proveranno a distrarvi
Tratto da Lettera 43
Tutti a guardare l’ultima scena e a esprimere pareri, giudizi, consigli (talvolta pontificando) senza aver visto l’intero film.
È quanto sta accadendo in questi giorni a seguito del fallimento delle quattro piccolissime banche (CariChieti, Etruria, Marche e Carife) che valgono, è bene ricordarlo, solo l’1% del sistema creditizio italiano.
Una minuzia.
SCOPRONO L’ACQUA CALDA. E quindi ora tutti a parlare di «profilo di rischio» (anche il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan), di pressioni commerciali, di bail in, di prodotti tossici.
Tutti argomenti affrontati nei miei libri (il primo, Io so e ho le prove, è di ottobre 2014), ma soprattutto ribaditi settimanalmente da circa un anno sulle pagine della rubrica “Lo sportello” di Lettera43.it.
Ma io non sono un mago, ho semplicemente vissuto in quel mondo: «Non sono la vittima di un sistema, ma quel sistema ho contribuito a costruirlo e alimentarlo».
ARRIVANO ALTRE OFFERTE. Oggi è fondamentale fornire ai lettori (tanti mi scrivono chiedendomi consigli) una previsione (solo chi non le fa non le sbaglia) di ciò che potrebbe accadere ai risparmiatori traditi dalle quattro banche sopra citate.
E per farlo ripropongo un brano tratto da Io so e ho le prove, perché ho la strana sensazione che potrebbero sottoporre quel tipo di offerta ai cittadini ormai consapevoli che difficilmente rivedranno i propri soldini.
Sempre giocando in maniera subdola sulla psiche debole del consumatore bancario.
LO SCENARIO È RIPETIBILE. Si potrebbe ripetere, ovviamente sotto forme diverse, questo tipo di scenario?
Il cantautore franco-belga Jacques Brel diceva: «Conosco delle barche che si dimenticano di partire, hanno paura del mare a furia di invecchiare».
Lo stesso meccanismo usato dopo il crac di Lehman Brothers
Nel febbraio del 2009 a tutti noi direttori di area arriva una convocazione per una riunione molto riservata in cui ci viene consegnato un documento con l’ordine di non divulgarlo ai nostri collaboratori.In sintesi vi si diceva che la banca avrebbe avviato un’azione di customer care per tutelare in modo «paritario e indiscriminato» tutti i sottoscrittori di polizze assicurative con sottostante obbligazioni Lehman Brothers.
Poiché la banca d’affari era fallita, e quindi le probabilità di recupero erano molto basse se non nulle, il top management pensò strategicamente di sottoporre a tutti i sottoscrittori una duplice proposta.
IMMEDIATO INCASSO DEL 50%. La prima era di incassare subito la metà del capitale investito (quindi perdere subito il 50%) mantenendo però la titolarità della polizza.
In altre parole, per l’altra metà, il cliente avrebbe dovuto sperare di recuperare qualcosa direttamente da Lehman attraverso le procedure concorsuali o comunque giudiziali.
POLIZZA NUOVA DI ZECCA. La seconda proposta era di trasformare la polizza in un’altra nuova di zecca.
Come a dire: carissimo cliente, con questa nostra offerta lei può recuperare quasi il 100% del capitale investito, ma con tempi più lunghi.
In pratica, chi avesse accettato avrebbe dovuto sottoscrivere una nuova assicurazione (quindi altre commissioni e spese a proprio carico) che annullava quella precedente.
Questa seconda alternativa garantiva di recuperare, entro tre anni e mezzo circa, il capitale investito, decurtato delle cedole lorde incassate fino a quel momento.
Insomma, la perdita si limitava alle tasse totali pagate sulla vecchia polizza.
CONTROPARTITE E PENALI. La contropartita era che fino all’agosto del 2012 il correntista non avrebbe potuto incassare altre cedole.
E se avesse voluto rescinderla prima del tempo?
Intanto, per chiedere il riscatto, doveva aspettare almeno un anno. Poi, dal febbraio del 2010, avrebbe potuto farlo ma a fronte di penali di uscita esorbitanti.
Le indicazioni al cliente? Poche e lacunose
Tuttavia il problema non era tanto nella qualità della proposta, quanto nelle modalità, a dir poco lacunose, con cui doveva essere illustrata al cliente.
Nel documento si specificavano le indicazioni comportamentali che i manager avrebbero dovuto tenere, ovvero: «Non esprimere alcun parere sull’ordinanza emessa dal tribunale di Milano».
«NON AVETE ALCUN DIRITTO». «Limitarsi a fare presente ai clienti che il tribunale di Milano ha imposto l’obbligo di inviare una lettera a tutti i sottoscrittori di polizze con sottostante obbligazioni Lehman Brothers solo per colmare carenze informative e comunicative, ma non ha sancito alcun diritto dei singoli di ottenere la restituzione del premio versato».
«Evitare tassativamente di esprimersi in ordine alle transazioni concluse limitandosi a precisare che il tribunale non ha affrontato le posizioni dei singoli».
INFORMAZIONE NON GARANTITA. Di quale ordinanza si stava parlando? Andiamo con ordine.
Il 29 settembre 2009 il tribunale di Milano aveva accolto il ricorso presentato dall’associazione Movimento dei consumatori ritenendo non corretto il comportamento di una certa banca (o della sua compagnia di assicurazione) che aveva venduto polizze senza garantire al cliente il giusto e costante livello di informazione e, in virtù di tale principio, condannava la banca (o la sua compagnia di assicurazione) a inviare una lettera ai titolari delle polizze per informarli al riguardo.
CLASS ACTION O AZIONI INDIVIDUALI. Con tale missiva il tribunale metteva in guardia i sottoscrittori di polizze comunicando loro la possibilità di richiedere in ogni momento la restituzione dell’intero importo tramite una class action o attraverso azioni individuali.
In altre parole, li invitava a non precludersi il diritto di richiedere quanto a loro spettante.
Contemporaneamente i tribunali iniziavano a emettere sentenze che sancivano la restituzione dell’intero importo da parte della banca (o della sua compagnia di assicurazione) al cliente.
Il compito della banca? «Distrarre» il risparmiatore
Il nostro compito era «distrarre» il cliente, non farlo riflettere sulla possibilità di richiedere il risarcimento delle polizze precedenti ma, anzi, spingerlo a sottoscriverne una nuova che non aveva niente a che fare con Lehman Brothers.
E se il correntista insisteva per capirci qualcosa in più, bisognava limitarsi a raccontare che il tribunale di Milano alludeva «semplicemente» a colmare carenze informative e comunicative.
SILENZIO SULLE CAUSE VINTE. Guai a parlare di cause vinte da correntisti.
Ci invitavano – e ho le prove – a non parlare ai clienti delle transazioni concluse con altri correntisti e a esortare questi ultimi alla massima riservatezza.
In altre parole: a non svegliare attraverso il passaparola il ‘cane che dorme’.
RISERVATEZZA COI PIÙ OSTILI. Con i clienti più ostili, arrabbiati, poco concilianti, occorreva invece stabilire degli incontri riservati, quasi carbonari, facendo terrorismo psicologico: caro cliente, nell’incertezza di un giudizio pendente, che non sappiamo come si concluderà, prenditi quello che ti stiamo offrendo perché alla fine potresti non ottenere nulla…».