Nelle pmi si evita il confronto su temi politici e sociali: la ‘complacency’ ha i suoi rischi
10 giugno 2024
Con l’avvicinarsi delle elezioni europee, ho notato una differenza significativa rispetto a qualche decennio fa, quando lavoravo in una multinazionale. Nelle piccole aziende, che osservo da vicino da oltre 30 anni, le discussioni su temi politici, sociali, economici e sulle strategie aziendali sono praticamente scomparse.
Un tempo, e lo dico con un po’ di nostalgia, era comune lamentarsi degli imprenditori. Le aziende erano viste come il male. L’inquinamento degli oceani e la distruzione degli habitat marini? Colpa delle aziende. La deforestazione dell’Amazzonia, il polmone verde del mondo? Colpa delle aziende. L’innalzamento dei livelli di carbonio nell’atmosfera e il cambiamento climatico che stanno portando a cataclismi senza precedenti nella storia moderna? Colpa delle aziende. Potrei andare avanti, ma penso conosciate già questa storia.
Oggi, invece, c’è un silenzio assoluto. È vero che i giovani sono meno inclini a concedere fiducia a istituzioni ed esponenti politici, vedendo la politica come inevitabilmente inquinata dalla ricerca di potere e privilegi particolaristici, dal disinteresse verso le domande dei cittadini e da un eccesso di fanatismo. Ma non è solo una questione di opinioni, ma di azioni concrete che hanno conseguenze pratiche sulla gestione aziendale. La complacency, o l’atteggiamento di accontentarsi dello status quo, può evitare ripercussioni in caso di disaccordo, ma ha anche i suoi rischi.
Oggi, i dipendenti non chiedono più che le aziende prendano posizione su argomenti importanti. Ad esempio, decidere se lavorare con fornitori locali per sostenere l’economia del territorio o scegliere fornitori che offrono prezzi più bassi ma hanno pratiche discutibili. Tuttavia, facendo un po’ di web scraping, scopri che con Internet e i social media, i dipendenti riescono facilmente a esprimere le loro opinioni, anche contro la propria azienda, causando spesso più problemi che benefici.
Un tempo, la comunicazione aziendale era sotto controllo e bastava ascoltare le “informazioni della piazza”. Ora, è molto più fluida e meno controllabile. Una singola voce interna può distruggere anni di comunicazione e posizionamento. E non importa se le notizie sono vere o false: nel mondo della comunicazione globale, i danni possono derivare da fake news o semplici pettegolezzi.
Un altro problema deriva dal fatto che la forza lavoro è composta da persone con opinioni molto diverse, sempre più polarizzate. Quindi, quando un’azienda cerca di rispondere alle richieste dei dipendenti, deve affrontare il difficile compito di scegliere una posizione, sapendo che accontentare qualcuno significa scontentare altri.
La vera sfida è decidere come posizionarsi e dove tracciare il limite. Ad esempio, cosa fare se i dipendenti chiedono di interrompere i rapporti con fornitori che non rispettano standard etici o ambientali? E cosa fare se escono notizie riservate o pratiche scorrette dall’interno dell’azienda?
Le piccole aziende e i loro leader sono consapevoli di questi problemi e non sono sprovveduti. Tuttavia, la questione sta diventando sempre più importante e richiede maggiore sensibilità e capacità. Nel mondo di oggi, le notizie si diffondono istantaneamente e su scala globale. Quindi, le scelte dell’azienda richiedono alta consapevolezza e impegno. Evitare il cambiamento e restare compiacenti può sembrare una soluzione sicura, ma può anche esporre l’azienda a rischi a lungo termine.
È un compito difficile, ma essenziale nell’era complessa e competitiva in cui viviamo.