Domani andrò a votare pensando al rapporto sacrificio!
Domani voterò ricordandomi del rapporto di sacrificio
In campagna elettorale hanno parlato (pochi) di politiche occupazionali promettendo quello che non potranno mai garantire, cioè l’aumento dell’occupazione.
Nessuno, però, tra quei pochi, si è preoccupato di dire agli italiani che la BCE, più o meno un mesetto fa, per voce dell’economista tedesca e membro del board della banca centrale, Isabel Schnabel, ventriloquo di Christine Lagarde, a Jackson Hole, quel resort per miliardari nel Wyoming dove una volta l’anno si riuniscono i banchieri centrali, ha dichiarato che per far scendere l’inflazione in tempi non lunghi e in maniera decisa, occorre sacrificare i posti di lavoro ed aumentare il “rapporto di sacrificio”.
Si chiama proprio così, sacrifice ratio, l’indice che è dato è dato dal numero di punti annuali di eccesso di disoccupazione necessari ad ottenere una riduzione dell’1% dell’inflazione.
In altri termini i responsabili della politica economica e monetaria si trovano ad affrontare un trade-off tra inflazione e disoccupazione. In particolare per ridurre l’inflazione in modo permanente, hanno convenuto che è necessario accettare una maggiore disoccupazione per un certo periodo di tempo.
Roba da anni ’80, quando per combattere l’inflazione dovuta all’innalzamento del prezzo del petrolio, andarono in default i paesi dell’America latina e negli USA il tasso di disoccupazione superò il 10%.
Oggi è un pò diversa la situazione e se la Schnabel dice che sarà peggio, allora mi sono fatto un pò di calcoli all’ingrosso.
Siccome oggi il tasso di disoccupazione, cosi come quello di inflazione, è di circa il 8%, se volessimo considerare accettabile una inflazione al 2% (come lo era fino a poco tempo fa) entro tre anni, dovremmo sopportare un tasso di disoccupazione all’anno di circa che oscilli tra il 12% ed il 14%!!!
Quindi se ho ben capito, per fare in modo di far comprare a quelli che hanno redditi medio-alti un chilo di pane allo stesso prezzo dell’anno scorso, dobbiamo prendere in considerazione un “sacrifico” solo di quella fetta di popolazione appartenente al ceto dei poveri che, perdendo il posto di lavoro, non potranno mangiare.
Un semplice ragionamento che terrò presente domani quando andrò a votare.