Il sovrafinanziamento dei mutui esiste: se ne accorgono i giudici ma i media non ne parlano
Torino, Taranto, Ancona, Napoli sono solo alcune delle sedi di tribunali che nel caso di 37 (!!) giudizi di merito, da qualche anno, hanno seguito ben il verdetto di ben 14 (!!) sentenze di Cassazione.
Nella geografia giurisprudenziale, allora, qualcosa si muove: i tribunali di quelle città iniziano a condannare le banche che hanno concesso mutui “sovrafinanziati”, cioè che hanno superato il limite di finanziabilità e quindi per la violazione del combinato disposto dell’art. 38, comma secondo, T.U.B. e dall’art. 1, delibera CICR 22 aprile 1995.
Qualche mese fa, su queste colonne, facevo riferimento all’indagine condotta nel mio ultimo libro “Salviamoci!” (Chiarelettere) che fornisce una risposta al silenzio dei media sul fenomeno, molto diffuso, del “sovrafinanziamento” dei mutui: il 65% dei mutui erogati tra il 2004 ed il 2015 da una primaria banca italiana, benchmark di settore, secondo quanto riferitomi da un top manager, è sovrafinanziato!
Non se ne parla perché le banche sono piene zeppe di mutui sovrafinanziati e se tutti i mutuatari, impossibilitati a pagare le rate per la crisi imperante, agissero per la tutela dei loro diritti, incoraggiati anche dalle sentenze sopracitate, si rischierebbe il default di qualche istituto di credito.
Ma facciamo un passo indietro e capiamo cosa significhi “mutuo sovrafinanziato”.
Una delle leggi (ce ne sono anche altre) che tutelano i mutuatari è relativa al cosiddetto “sovrafinanziamento”, cioè l’erogazione di un importo eccedente i limiti di prudenza di una banca, che si deve appunto tutelare da un’eventuale insolvenza del mutuatario. L’art.38 del Testo Unico Bancario, emanato con decreto legislativo nel 1993 e confermato dalla delibera del CICR (Comitato Interministeriale del Credito e del Risparmio nel 1995), ha stabilito che “il credito fondiario ha per oggetto la concessione, da parte di banche, di finanziamenti a medio e lungo termine, per l’acquisto della prima casa ad uso abitativo, garantiti da ipoteca di primo grado su immobili” e che “l’ammontare massimo del finanziamento di credito fondiario è pari all’80 per cento del valore dei beni ipotecati o del costo delle opere da eseguire sugli stessi”.
Facciamola più semplice: ho ricevuto un mutuo di 100mila euro per l’acquisto della mia prima casa del valore di 90mila euro. In tal caso non sono state rispettate le direttive perché avrei dovuto avere, in base al valore dell’immobile, un mutuo di 72.000 euro (80% di 90.000). La legge dice che, in questo caso, il mutuo è nullo! In altri termini, chi ha sottoscritto un mutuo fondiario, con un sovrafinanziamento della banca, potrebbe non ripagare più il finanziamento stesso.
Per la precisione non dovrebbe pagare gli interessi previsti ma restituire solo il capitale. E se il debitore ha già restituito un importo eccedente il capitale, la parte non dovuta gli dovrebbe essere restituita.
Ora capirete che il silenzio sull’argomento è strumentale. La lobby finanziaria tiene sotto controllo la divulgazione di queste notizie perché ha valutato la gravità del fenomeno.
Come ho raccontato nel libro Io so e ho le prove (Chiarelettere 2014), gli istituti negli anni si sono disinteressati dei più elementari parametri di affidabilità, accettando anche documenti falsi pur di concedere un mutuo. E non parliamo solo dei documenti reddituali.
Nelle pratiche di mutuo ci sono migliaia di perizie immobiliari alterate. La perizia immobiliare, affidata dalla banca ad un professionista esterno, molto spesso convenzionato con l’Istituto di Credito, serve all’ente erogante per avere conferma del valore di mercato dell’immobile al fine di calcolare il tetto massimo di finanziabilità dell’80%.
Perché la Banca finanziando nei limiti dell’80% si dovrebbe preservare da un’eventuale insolvenza del mutuatario tutelato dal credito fondiario, poiché potrà rivendere il bene ad un valore superiore al capitale dalla stessa erogato a titolo di mutuo, anche qualora il bene garantito diminuisse nel valore di mercato.
Ma anche la Giurisprudenza si sta accorgendo che quando le case vengono poi vendute all’asta nell’ambito di una procedura esecutiva derivante da inadempimento contrattuale del mutuatario (non riesce a pagare il mutuo), quasi mai il valore commerciale dell’immobile copre il rischio della banca.
E soprattutto non tutela il debitore che non solo perderebbe la casa ma sarebbe anche costretto a pagare la differenza del debito residuo.
Ops! Come mai? Semplice la perizia è stata edulcorata al momento della concessione del finanziamento facendo risultare l’immobile quasi dello stesso valore di Buckingham Palace.
La legge esiste, i tribunali iniziano ad interpretarla correttamente. Ora tocca solo al debitore agire.