Interagite con i consumatori con le modalità che vorrebbero loro?
I piccoli imprenditori devono farsi questa domanda perché, per loro, c’è una nuova sfida per combattere i grandi players immateriali (Amazon su tutti): oggi i clienti si aspettano che le piccole aziende sappiano che tipo di relazioni desiderano e reagiscano di conseguenza, vogliono quindi che mantengano le loro promesse.
Nonostante abbiano delle banche dati clienti, spesso scarne e confuse, e i soldi comunque spesi ogni anno per questi software dedicati, la stragrande maggioranza delle piccole aziende non ha la minima idea di quali siano effettivamente i rapporti che intrattengono con i clienti.
Talvolta sono anche bravissime ad acquisire semplici dati demografici – genere, età, reddito e livello di istruzione – ma non riescono poi ad incrociarli con le informazioni sugli acquisti effettuati per segmentare i clienti, un’indicazione del fatto che molte imprese vedono ancora nei clienti solo risorse da sfruttare alla prossima opportunità di up-selling o cross-selling, anziché individui che desiderano certe forme d’interazione.
Di conseguenza, le aziende (soprattutto commercio dei beni di consumo) gestiscono spesso le relazioni in maniera improvvisata e senza trarne profitto, commettendo errori marchiani che ne pregiudicano la sintonia con i clienti.
Cosi spesso ci si ritrova di fronte chi (clienti) vuole essere trattato da amico ed, invece, finirà più probabilmente per sentirsi una mera controparte – o, peggio ancora, un avversario.
Per la verità succede anche l’opposto: il cliente interessato ad un puro e semplice scambio commerciale potrebbe subire anche uno sgradito tentativo di un approccio troppo friendly.
Svolgendo la mia attività, quotidianamente, scopro che i consumatori provano una frustrazione crescente per l’incapacità delle piccole imprese di soddisfarne le aspettative sui contenuti della relazione.
Un esempio?
Una catena di negozi di abbigliamento molto apprezzato dalle baby- boomer “taglie forti” ha cercato, senza aver fatto alcuna indagine al riguardo ma affidandosi al solito “fiuto” dell’imprenditore, di riposizionarsi per attirare clienti più giovani e più magre attraverso una campagna di comunicazione social e così facendo si è alienata le simpatie delle clienti tradizionali, che si sono sentono tradite e prese in giro – come se fossero state abbandonate per qualcuna più attraente.
Questa aziende aveva una banca dati per gestire le informazioni sui clienti, ma la conoscenza estensiva dei dati demografici non ha fatto nulla per prevenire quel fiaschi.
La banca dati (o, per chi vuole darsi un tono, il sistema CRM) era strutturata per lanciare promozioni in base a un calendario prefissato – e non per ascoltare i segnali inviati dai clienti persi, così come non aveva alcuna informazione in merito alle tendenze demografiche, ai modelli di acquisto ed al valore della proposta della concorrenza.
Le aziende devono imparare meglio a catturare i dati da cui si desume che tipo di relazione – flirt, amicizia, partnership o qualcos’altro – desiderano i loro clienti.
Poi devono indurli a coltivare relazioni più coerenti con i propri obiettivi strategici.
Ciò presuppone la comprensione delle regole tacite che governano ciascun tipo di connessione. Significa anche riorganizzare il marketing intorno alle relazioni.
L’incapacità delle aziende di capire o di coltivare le relazioni si poteva forse scusare quando non era facile entrare, per così dire, nella mente e nel cuore dei consumatori. Ma oggi che la tecnologia consente loro di sviluppare autentiche relazioni individuali con i clienti, devono reindirizzarla dalla raccolta di dati economici alla raccolta di dati relazionali e di analisi del mercato.
Il persistente disinteresse delle aziende per le relazioni è un esempio scolastico di cattiva volontà.
Ri-orientare la funzione di marketing intorno all’intelligenza relazionale ed estenderla all’intera organizzazione contribuirà a superare questo limite e – finalmente – a realizzare la promessa, ora si che possiamo dirlo, del customer relationships management anche per una piccola catena di negozi fast-food.
Vincenzo Imperatore