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Alle banche non piacciono i ricchi (scemi)
Avete mai sentito un commerciante dire ai suoi fornitori “se mi vuoi dare i tuoi prodotti, mi devi anche pagare”?
Sembra assurdo ma questa paradossale situazione si può verificare solo nel mondo delle banche dove i risparmiatori, fornitori della materia prima (danaro) dell’attività, devono pure pagare per consentire agli istituti di credito di fare ricavi (e talvolta profitti) prestando a terzi i loro risparmi.
Attenzione, gli squali hanno la capacità di attaccare le loro prede individuando una goccia di sangue a chilometri di distanza.
Cosa sta succedendo ai nostri risparmi? E cosa accadrà dopo la pandemia?
Questo tema, affrontato nel mio ultimo libro “Salviamoci!”, consente di esplorare l’altra faccia della medaglia della crisi senza precedenti che stiamo attraversando.
Nell’annus horribilis 2020, infatti, i risparmi degli italiani sono aumentati come non mai. Sembrerà un paradosso ma è la verità. Secondo i dati Abi (Associazione bancaria italiana), a novembre 2020 la sola liquidità sui conti correnti ammontava a 1715 miliardi di euro, registrando un aumento del 32,5 per cento circa rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Una montagna di soldi, pari ai livelli del Pil del nostro paese. Poiché la nuova impennata di diffusione del virus si è verificata a partire da inizio ottobre 2020 (la cosiddetta seconda ondata), e solo tra poche settimane si ritornerà alla (quasi) normalità, si stima che la massa di liquidità possa arrivare alla cifra record di 2000 miliardi di euro alla fine delle misure restrittive e agevolative.
Un analogo boom ha riguardato in questi mesi le società che si occupano di gestione del risparmio: Anima +88 per cento, Azimut +16 per cento, Banca Mediolanum +39 per cento, Generali +21 per cento, Fineco Bank +31 per cento, solo per citarne alcune.1 Questo proprio perché nel 2020 il risparmio delle famiglie è cresciuto in maniera consistente rispetto al 2019: meno viaggi, meno cene al ristorante, uscite ridotte al minimo, corsi per i figli fuorisede pressoché sospesi. Questo e molto altro ha contribuito a un arricchimento dei conti correnti per 126 miliardi di euro. C’è inoltre la comprensibile prudenza di chi oggi considera precario il proprio posto di lavoro.
La propensione al risparmio, una delle medaglie al petto degli italiani, è un indicatore che misura il rapporto tra ciò che una famiglia accantona e il reddito che detiene complessivamente. Il rischio incombente dopo il coronavirus è che, con il naturale aumento dei consumi, questa massa enorme di liquidità creatasi nel sistema possa ridursi sensibilmente generando una spinta inflattiva. Occorre dunque chiedersi fin da ora quali saranno i nostri comportamenti quando l’emergenza sarà terminata. Correremo a spendere tutto ciò che abbiamo risparmiato dimenticando le scadenze sospese (mutui, tasse, cartelle esattoriali, consumi ordinari)?
In secondo luogo, ecco il punto, tanta liquidità sui conti correnti è manna caduta dal cielo per le banche.
È come aver messo un topo in un deposito di formaggio. Non si lasceranno sfuggire l’occasione di canalizzare questo flusso di denaro su prodotti per loro più redditizi. E la storia ci ha dimostrato che quando le banche hanno fame, occorre prepararsi a difendersi bene.
I primi segnali sono già arrivati. Fineco Bank ha aperto la strada. In uno scenario di tassi negativi, la maxiliquidità lasciata improduttiva in banca non è più gradita. A tutti i correntisti inattivi (privi cioè di contratti di finanziamento o investimento) con oltre 100.000 euro sul conto, Fineco ha inviato una mail con cui ha preannunciato la rescissione del contratto qualora, entro due mesi, non effettuino operazioni di investimento su prodotti diversi dai conti correnti.
Ma soprattutto tante banche, tra cui grandi istituti come Intesa Sanpaolo, Unicredit, Bnl, Bper, Banco Bpm, stanno applicando, con modifiche unilaterali dei contratti, delle commissioni di giacenza per disponibilità liquide inutilizzate sui conti correnti. Si tratta delle suggestive e geniali commissioni di excess liquidity, pari mediamente allo 0,5% annuo, che le banche stanno iniziando ad applicare sui saldi di conto corrente eccedenti una certa cifra (normalmente 100.000 euro).
La motivazione ufficiale, altrettanto bizzarra e fantasiosa, fornita ai correntisti che verranno contattati con campagne ad hoc (attenzione!), sarà una favoletta che punterà a spiegare loro che tenere i soldi fermi non conviene a nessuno e che sarà meglio canalizzare quei risparmi su prodotti che li tuteleranno dall’inflazione che erode gradualmente il valore del denaro e dalle mancate opportunità di investimento. Il suggerimento sarà quindi quello di impiegare il denaro, per esempio in fondi comuni, fondi pensione, azioni o magari obbligazioni.
Tante sciocchezze.
In primis perché l’inflazione non è mai stata così bassa. L’inflazione acquisita per il 2021 e’ stimata a +1,2% per l’indice generale e a +0,6% per la componente di fondo.
In secondo luogo perché per passare da risparmiatore ad investitore occorre seguire un modello di comportamento simile a quello utilizzato dalle nostre nonne di cui abbiamo ampiamente parlato su queste colonne.
Indossate il giubbotto antiproiettile e preparatevi alla battaglia. Gli eserciti (delle banche) sono già schierati.