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Perché in finanza non istituiamo il reato di avidità?
Ferme restando le responsabilità dei truffatori, in tanti casi c’è un concorso degli acquirenti. Che permettono ai “villain” di fare il loro gioco.
Articolo di Vincenzo Imperatore per Lettera43
Più osserviamo gli uomini, più siamo in grado di rintracciare in loro i resti di un’avidità primitiva. Un istinto, questo, che, nonostante l’influenza della cultura, della educazione e dello scorrere dei tempi, resta in noi dormiente per poi manifestarsi nel momento in cui i nostri comportamenti devono misurarsi in rapporto ai soldi, alle proprietà, al successo. È soprattutto la brama a spingerci oltre, fuori dal seminato, al camminare in punta di piedi sul filo dell’immoralità. Questa nostra fame atavica ci spinge a commettere illeciti, a cadere in tranelli a essere puzzle di disegni truffaldini. A questa fame bisognerebbe dare un freno attraverso la punizione. Non quella post-mortem immaginata da Dante nella Divina Commedia, ma metaforicamente attraverso una pena terrena.
UN’EQUAZIONE CHE TUTTI DOVREBBERO CONOSCERE
Nei miei libri e nei miei articoli ho sempre puntato il dito contro la mancanza di cultura finanziaria nel nostro Paese e contro i “mostri” (i banchieri e chi per loro). Conosciamo poco d’economia, perché i concetti sono difficili, i termini complessi. Perché ci sono troppe nozioni alle quali è difficile appassionarsi. E poi ci sono le lobby che sguazzano nel mare dell’ignoranza dei risparmiatori, manipolabili. Le banche cattive, i consulenti furfanti, i furbetti che mangiano i risparmi. A essere coerenti, però, dobbiamo ammonire anche chi permette ai “villain” un gioco facile. C’è un male che nasce nell’avidità su citata. C’è un’equazione in finanza, una formula semplicissima, comprensibile anche per un bambino, che tutti dovrebbero conoscere per evitare spiacevoli sorprese: alto rischio = alto rendimento, basso rischio = basso rendimento. Tenetela a mente.
IL CASO DELLO SVIZZERO ALEX FODDE
In questi giorni abbiamo sentito parlare di Alex Fodde, giovane svizzero che si fingeva broker ed è accusato di truffa aggravata, abusiva attività finanziaria e autoriciclaggio. Alex prometteva ai risparmiatori grandi guadagni a “rischio zero” presentandosi come l’uomo che aveva un fondo investimenti da 850 milioni di euro. In circa tre anni ha ottenuto grazie alla truffa 3,5 milioni di euro. Ora la sua avventura è finita, perché è stato arrestato. Il ragazzo ha sbagliato e pagherà, di truffatori è pieno il mondo. A farmi rabbia, però, è chi – in determinati casi – parla di truffati e chi senza vergogna si definisce truffato. Io molti di quei “truffati” li arresterei, condannati magari a sei mesi per reato di avidità. Li punirei, punirei quella fame. Perché è chiaro che, tenendo presente l’equazione di prima, i soggetti in questione più che da Alex sono stati truffati dalla loro stessa brama.
IL REATO DI INCAUTO ACQUISTO
“Rischio zero = alto rendimento” è una funzione che non esiste, o almeno non esiste al di fuori del campo dell’avidità. I “truffati” non hanno dato peso alle promesse fatte loro, perché erano accecati dal denaro, dalla possibilità di guadagnare senza rischiare nulla. Accecati dal successo. Al posto delle pupille avevano il simboletto del dollaro. Non si preoccupano affatto delle insostenibili condizioni d’essere dei loro accordi. Dicono che la legge non accetta ignoranza, loro hanno ignorato consciamente e andrebbero puniti. L’articolo 712 dell’codice penalemenziona come reato quello dell’incauto acquisto:
Chiunque, senza averne prima accertata la legittima provenienza, acquista o riceve a qualsiasi titolo cose, che, per la loro qualità o per la condizione di chi le offre o per la entità del prezzo, si abbia motivo di sospettare che provengano da reato, è punito con l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda non inferiore a dieci euro. Alla stessa pena soggiace chi si adopera per fare acquistare o ricevere a qualsiasi titolo alcuna delle cose suindicate, senza averne prima accertata la legittima provenienza.
A Napoli (vi porto l’esempio della mia città ma succedeva in tante altre metropoli) qualche tempo fa c’era la pratica del pacco. Ovvero ti mostravo il prodotto che ti volevo vendere a prezzo vantaggioso, tu accettavi di comprarlo e io nella confezione non ti ci mettevo il prodotto ma un mattone per simulare il peso della merce acquistata. Quando il “cliente” tornava a casa scopriva il pacco. Ecco che colui che aveva adottato tale pratica era additato come “mariuolo”, come Alex Fodde, chi lo riceveva come “truffato” (o fesso, fate voi). Perdonatemi ma tra le truffe di Alex e i pacchi non trovo alcuna differenza. Ci sono le stesse premesse (affare estremamente vantaggioso) e gli stessi reati (truffa e incauto acquisto). Nessun innocente.
Lasciamo agli avidi la possibilità di assumersi le proprie responsabilità
C’è un clamoroso concorso in reato degli acquirenti. Basta sgravarli dalle responsabilità, così imparano. È per questo che non parliamo di finanza ma di una forma estrema e immorale di egoismo che guida gli affari, tanto da prendere le sembianze di uno dei motori principali per lo sviluppo dell’economia. L’avidità, l’incauto acquisto, è fonte primaria di frodi e corruzione. L’avidità è un male e andrebbe combattuto così come volete siano affrontati i cattivi banchieri e i truffatori. Non possiamo puntare sempre il dito sugli altri per incolparli delle nostre rovine, dei nostri debiti finanziari, delle nostre crisi. Credete che la vostra brama sia giusta e vi aiuti a vivere in un mondo senza scrupoli? Vi sbagliate profondamente, dovrete fare i conti con essa, peccato capitale. Lasciamo agli avidi, via punizione, la possibilità di assumersi le proprie responsabilità.