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L’immobilismo di Visco ha fatto sparire le sanzioni alle banche
Articolo a cura di Vincenzo Imperatore
Il quadro politico attuale del nostro Paese è ideale per la malafinanza e i suoi principali interpreti. Meglio sarebbe dire che la cornice (visto che il “quadro-governo” manca proprio) in cui, in questa fase, stanno sguazzando banchieri ed ex top manager che riciclano in salsa digital il nuovo modello bancario con pochi dipendenti e qualche sportello, è perfetta per una visone di breve periodo e sensibile a obiettivi contrastanti con l’interesse nazionale. L’interesse nazionale è un concetto che andrebbe riconsiderato, anche nel rispetto dell’ideale europeista. Esiste un collegamento tra tutto ciò e l’improvviso virtuosismo manifestato dalle banche che da oltre 6 mesi non vengono più sanzionate da parte della Banca d’Italia?
NEL 2018 ZERO PROVVEDIMENTI. È una considerazione che emerge dall’analisi dei provvedimenti sanzionatori pubblicati sul Bollettino di vigilanza della Banca d’Italia che lascia supporre che le banche del nostro Paese siano diventate, negli ultimi mesi, virtuose e corrette. Dal 22 settembre 2017 nessuna banca viene sanzionata. Negli ultimi tre anni (2015-2017) sono state irrogate 107 sanzioni a circa 80 intermediari creditizi, una media di 36 sanzioni all’anno, tre al mese. Nel 2018, invece, zero sanzioni. Sembrerebbe dunque che l’inferno si sia trasformato all’improvviso nell’Eden. Siamo perfidi e diffidenti o – visto che la cronaca non ci risparmia sempre nuovi casi di malafinanza – c’è dell’altro?
UN GROTTESCO “RIMPIATTINO”. Una strana coincidenza sembra essere la perfetta sincronizzazione tra la data dell’ultimo provvedimento sanzionatorio (22 settembre 2017) e l’inizio dei lavori della Commissione bicamerale di indagine sulle banche in crisi. Un palcoscenico, ricorderete, su cui andò in scena la più grottesca rappresentazione del “rimpiattino”, quel gioco tra Bankitalia e Consob nel quale uno dei due andava a caccia dell’altro che si era nascosto, cercando di catturarlo per fargli poi prendere il suo posto. Una metafora per ritrarre Ignazio Visco (governatore della Banca centrale) e Giuseppe Vegas (presidente della Commissione di vigilanza sulle aziende quotate in Borsa) che cercavano di sottrarsi alle loro evidenti responsabilità.
A ogni modo la Commissione ha sancito un fatto su cui nessuno può dubitare: la vigilanza bancaria (quindi Consob) che si occupa di banche quotate e Banca d’Italia avevano sottovalutato la gravità della situazione del sistema finanziario italiano. Persino il segretario del Partito democratico Matteo Renzi aveva detto apertamente che a causa degli errori commessi il governatore Visco non avrebbe dovuto essere confermato nel suo incarico (e invece lo è stato).
VISCO DOVEVA RINUNCIARE. Visco invece non si è reso conto che facendosi riconfermare ha condannato Bankitalia all’immobilismo. Essendo, infatti, individuato come il responsabile massimo dell’inefficienza dell’istituto di vigilanza, si sarebbe dovuto comportare come alcuni suoi illustri predecessori (Paolo Baffi, Antonio Fazio) che – in alcuni casi anche ingiustamente – rinunciarono alla poltrona per salvaguardare la reputazione di Bankitalia. La reputazione è un elemento determinante per consentire a Bankitalia di conservare l’autorevolezza necessaria per fare la voce grossa nei confronti delle banche scorrette cui comminare sanzioni.
Sembra quindi che Bankitalia non produca provvedimenti sanzionatori per il timore – già verificatosi tra l’altro – di perdere i ricorsi delle banche sanzionate davanti al Tar e pertanto preferisce stare ferma aspettando che passi la bufera mediatica e/o che succeda qualcosa a livello politico che possa supportarla.
SERVIVA UNA GOVERNANCE VERGINE. Una nuova governance dell’istituto di via Nazionale, vergine e illibata, presentandosi come il nuovo che rifiuta il passato, avrebbe forse potuto continuare ad avere la forza di punire gli intermediari che incorrono in errori. E vi assicuro che ce n’è ancora tanto bisogno. Intanto gli squali stanno lavorando in maniera indisturbata.