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Le best practice esistono: il caso BPER
Di “buone pratiche” nel sistema bancario si parla poco ma, anche se rare, esistono
Le best practice, “le buone pratiche” intese come comportamenti etici, nel sistema bancario esistono. Poche ma esistono. Ma non se ne parla. Forse, proprio perché poco diffuse, il sistema bancario, in questo caso, fa “cartello” per evitare di sembrare complessivamente orientato alle worst practice, “le cattive pratiche” .
E dire che quella delle best practice, di come realizzarle e diffonderle, è una materia che si insegna nelle università, nei corsi anche più elementari che, presumo, qualsiasi studente che ha in mente di lavorare nel sistema bancario può frequentare. La verità è che di questi argomenti, nel sistema bancario, ci si riempie solo la bocca. Di proposte concrete poi ne arrivano poche.
Una di queste, già relativa a cinque anni fa e ancora in piedi, riguarda il gruppo Bper (Banca Popolare Emilia Romagna) che già da qualche anno ha scelto di dare un “segnale educativo” alla lotta contro la ludopatia inibendo le 480 mila carte di credito del gruppo dalle operazioni di pagamento in esercizi o su siti internet classificati nella categoria commerciale “gambling” (gioco d’azzardo), con l’eccezione di alcune decine di carte di credito black, riservate a clienti facoltosi.
Non solo: oltre ad aver inibito le carte di credito, Bper ha scelto di non proporre mai allo sportello i “gratta e vinci”, come invece accade negli uffici postali.
BPER Banca ha, inoltre, realizzato il Vademecum “Giocatori d’azzardo patologici e servizi bancari”: un opuscolo informativo che descrive le possibili tutele attivate dalla Banca per contrastare e prevenire i rischi annessi al gioco d’azzardo patologico. Il documento è stato realizzato con la collaborazione dell’associazione no profit “Papa Giovanni XIII di Reggio Emilia” ed è oggi utilizzabile dai Comuni.
Una iniziativa lodevole perché queste decisioni pesano sul conto economico della banca. Qui si parla di minori sostanziali ricavi. E non mi si venga a dire che Bper può permettersi questo tipo di iniziativa perché è una banca solida.
Innanzitutto essere una banca patrimonialmente solida e sicura è un capitale di fiducia che hanno in pochi nel nostro paese. E il capitale di fiducia, in una logica di profitto, si conquista senza essere avidi. Questa è la strada per migliorare. Per cambiare registro. Per consentire lo sviluppo di una cultura della domanda di servizi finanziari che non sia “alterata” già in partenza.
I mercati sono diventati altamente competitivi e i clienti imprevedibili, irrazionali, illogici ed estremamente esigenti. Siamo arrivati al punto che, considerato l’elevato numero di concorrenti all’interno del settore bancario, non c’è mai (o quasi mai) una seconda occasione per dare una buona impressione al cliente.
Oggi parlare di etica nel settore finanziario ha molto più a che fare con parole come «modo di pensare», «dialogo», «integrità», che non con l’aggettivo (etico) inserito nelle ragioni sociali o nelle mission delle banche. Quando ci renderemo conto, invece, che il grado di civiltà di un Paese si misura anche dalla trasparenza e onestà del suo sistema bancario?
Per consentire lo sviluppo di una cultura della domanda di servizi finanziari che «non sia forzata, violentata». Per permettere ai consulenti bancari di vendere ciò che i clienti vogliono effettivamente e non ciò che loro vogliono vendere e che, surrettiziamente, fanno credere essere addirittura «fortemente richiesto» nelle indagini di customer satisfaction. Ma sappiamo bene che in banca i prodotti non si comprano mai. Si vendono solo.
Ancora oggi.
A cura di Vincenzo Imperatore