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La customer satisfaction non è solo uno spot
Nel nostro Paese ci si riempie la bocca con paroloni come customer satisfaction, customer priority, attenzione al cliente, eccetera.
Articolo a cura di Vincenzo Imperatore per People for Planet
Arrivano spot pubblicitari che sembrano scritti da Maurizio Crozza: sono talmente parossistici che fanno sorridere.
Ne ho sentito uno ultimamente prodotto da una grande banca che recita più o meno così: «Noi vi parliamo in maniera semplice!». Semplice? Io aggiungerei «fin troppo semplice, quasi non parlate».
Forse è il caso che lo faceste in maniera più completa, dicendo tutto ai clienti, non solo ciò che vi interessa e soprattutto cercando di dare informazioni non fuorvianti.
Tutta questa premessa semplicemente per dire che in Italia non si fa customer satisfaction nelle banche: è solo forma, la pubblicità è solo un costo da ‘scaricare’ fiscalmente. Perché la customer satisfaction si fa con i fatti.
La soddisfazione del cliente deve essere intesa come offerta coordinata di comunicazione, prodotti, comportamenti e servizi ‘coerenti’ tra loro ma soprattutto intonati alle necessità del consumatore bancario.
Perché è evidente che un cliente soddisfatto riacquista il prodotto, diventa un alleato della banca e incide sul conto economico della stessa molto più di quanto non facciano derivati e polizze assicurative che, venduti secondo la logica del tanto e subito, allontanano definitivamente il consumatore dal rapporto di fiducia che si dovrebbe instaurare con il commerciante così come avviene al supermercato.
Nel corso del mio ultimo viaggio in Usa, ho visitato una banca che negli ultimi otto anni anni, quindi in piena crisi e mentre in Italia fanno esattamente il contrario, ha raddoppiato numero di sportelli e masse intermediate!
Aldilà della organizzazione di eventi attraenti come corsi di yoga e mostre permanenti di pittura, ho visto tre cose semplici.
In primis, un benvenuto efficace da parte del personale di sportello. Un sorriso e una domanda facile e diretta: «Di cosa ha bisogno?». Provate a entrare in una banca italiana e osservate gli sguardi degli operatori di sportello sempre cupi (tranne rare eccezioni), incazzati, spesso con gli occhi abbassati sulla scrivania. A stento bofonchiano un rumore che assomiglia a un «buongiorno».
Secondo: un ‘ indirizzamento’ verbale altrettanto efficace (che prescinde dalla cartellonistica): «Gentile cliente, per aprire un conto corrente deve andare dal collega seduto dietro quella scrivania».
Stessa verifica nelle banche italiane comprova un totale disinteressamento da parte del personale della esatta esigenza del cliente: pur di liberarsi di una incombenza che potrebbe coinvolgerlo, il bancario italiano fa girovagare, spesso a vuoto, l’ignaro cliente tra le varie scrivanie.
Ma soprattutto questo poveretto trova la porta dell’ufficio del direttore sempre chiusa.
Il direttore. Colui che dovrebbe garantire con l’esempio il rispetto dei principi basici di customer satisfaction, il totem che non si può abbattere, sempre più orientato a mostrare la stellina sulla giacca che ne amplifica la presunzione (da presuntuoso) che deriva dallo status: tutto ciò allunga le distanze dal cliente, accentua la consapevolezza del disservizio.
Ebbene in questa banca Usa ho trovato una novità assoluta e incredibilmente efficace: in ogni agenzia/filiale esiste all’ ingresso un apparecchio telefonico che permette a chiunque ne avesse bisogno di mettersi direttamente in contatto con il presidente dell’istituto. Avete capito bene. Non il capoarea, capo distretto, capo territorio, capo agenzia, capo filiale (e quanti più capi ci sono, più è difficile individuare le responsabilità del disservizio): semplicemente il presidente della banca che risponde a qualsiasi reclamo o segnalazione di inefficienza, un deterrente efficacissimo per i ‘non allineati’.
Terzo e ultimo, un ‘riconoscimento ‘ che gratifica sempre il consumatore. Entrare in banca ed essere, se tutto va bene, un semplice codice anagrafico non motiva il cliente a sentirsi parte di quel negozio, a sentirlo suo.
Sempre in questa banca Usa quando entra un cliente striscia la carta bancomat su un display che gli apre le porte. In tal modo si produce un flusso informativo basato su un efficace Crm (customer relationship management) che viene inviato all’operatore di sportello libero. Questi lo accoglie già sapendo chi è, cosa fa e semmai se oggi è anche il compleanno del figlio.
Quando il cliente si avvicina e si sente dire «Buongiorno Signor X, tutto bene? Oggi faccia gli auguri a suo figlio per il compleanno», non ha bisogno di altro per capire che lui in quella banca non è solo un numero di conto corrente.
Tre semplici mosse per farci capire che qui c’è ancora tanto da lavorare.