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Investireste in questa Italia incoerente?
Leggerezza nella programmazione. Contratto di governo senza coperture. Savona nei ministri alla faccia dei volti nuovi. Così gli stranieri impegnano il loro capitale nel più sicuro debito pubblico tedesco.
Articolo a cura di Vincenzo Imperatore
Il Movimento 5 stelle è stato votato da 10 milioni 617 mila e 85 italiani alle elezioni politiche del 4 marzo 2018. La mia preferenza pesa quindi lo 0,000009% del totale. Il nulla. Ma non è di politica che voglio parlare. Mi interessa piuttosto affrontare il tema della reazione dei mercati finanziari (oltre che della comunità politica europea) di fronte a tanta inesperienza, facilmente giudicabile (anche in base a pregiudizi) addirittura come impreparazione. E che determina l’aumento dello spread.
OSSIGENO DI CUI ABBIAMO BISOGNO. Mi metto nei panni di un investitore internazionale, per esempio Larry Fink di Blackrock (la più grande società di investimento al mondo), che, indipendentemente dai fini meno espliciti già ribaditi in questa rubrica, dovrebbe decidere se continuare ad acquistare debito pubblico italiano, necessario per pagare le pensioni, i dottori negli ospedali, i vigili del fuoco e gli autisti degli autobus e delle metro che ogni giorno ci rendono (almeno dovrebbero) la vita più agevole.
DOMANDA IMPROVVISATA A GIORGETTI. Innanzitutto rimarrebbe un po’ perplesso se analizzasse le parole di Giancarlo Giorgetti pronunciate durante una delle tante maratone di Mentana. Il deputato della Lega, uno dei piu lucidi e preparati in parlamento e neo sottosegretario alla presidenza del Consiglio, ha dichiarato che il nome di Paolo Savona come ministro dell’Economia è stato proposto dopo che gli era stato chiesto dal duo Salvini-Di Maio «tu chi metteresti al ministero dell’Economia?».
Bene, se voi foste Larry Fink prestereste dei soldi a chi sceglie colui che dovrebbe assicurargli la restituzione di quel denaro come si sceglie all’ultimo momento il portiere nelle partite di calcetto tra amici? Tipo: «Conosci qualcuno che vuole andare in porta?». Denota quantomeno una leggerezza nella programmazione della squadra governativa di uno dei primi 10 Paesi industrializzati al mondo.
LE PROMESSE DI DIBBA SENZA RISORSE. In secondo luogo il solito investitore istituzionale sarebbe alquanto confuso se si soffermasse sulle parole di Alessandro Di Battista espresse durante un talk televisivo. La testa piu brillante del M5s, di fronte alla legittima richiesta di un esperto giornalista sulle “coperture” degli interventi previsti nel contratto di governo, ha risposto, piu o meno, che «ora è opportuno partire con le riforme e poi si vede per le coperture». Bene, se voi foste Larry Fink prestereste dei soldi a chi afferma di volerli poi dare a chi non lavora (reddito di cittadinanza) e soprattutto ancora non sa dove andare a trovare le fonti per restituirgli quel denaro?
IL RICAMBIO GENERAZIONALE DOV’È? Infine, sempre il solito investitore sarebbe sufficientemente scettico se confrontasse il programma elettorale dei cinque stelle con i profili poi scelti per la squadra dei ministri. Negli ultimi anni e soprattutto durante tutta la campagna elettorale il M5s ha infatti focalizzato tanta attenzione sui temi della malafinanza proponendo anche un ricambio generazionale del management che aveva provocato quei disastri. Facce nuove, pulite e senza alcun legame con l’establishment consolidato.
È altrettanto vero che nella successiva proposta di contratto di governo sono stati evidenziati punti determinanti per la lotta al sacco bancario come la creazione di una banca pubblica, la revisione del bail in, l’inasprimento delle pene per i fallimenti dolosi responsabilizzando management e autorità di controllo e la separazione tra banche di investimento e credito al pubblico. Una rivoluzione, se si facesse.
SAVONA, SCELTA POCO SENSATA. E soprattutto se si realizzasse con un ministro dell’Economia dal profilo appunto coerente con le dichiarazioni elettorali dei rappresentanti del M5s. Il professor Paolo Savona, dall’eccellente e ricco curriculum, indicato da Matteo Salvini e gradito al mondo berlusconiano, sembrava una scelta poco coerente con i propositi di Di Maio &Co. Poi per quel ruolo è stato scelto Giovanni Tria.
UNA FACCIA IN PISTA DA 30 ANNI. Qui non si discutono le skill e la caratura dell’esimio professore poi dirottato agli Affari europei. Qui non stiamo ragionando sui rischi derivanti dall’approccio anti-eurodell’illustre economista. Qui ci stiamo soffermando sul fatto che il prof Savona non è proprio una “faccia nuova” nel mondo delle banche. Il professor Savona è stato dapprima direttore generale e poi amministratore delegato della Banca nazionale del lavoro, allora banca pubblica, nel periodo in cui (1989-1990) scoppiò lo scandalo della filiale di Atlanta per i prestiti erogati all’Iraq.
Successivamente il professor Savona è stato il vice presidente di Capitalia del plenipotenziario Cesare Geronzi nel periodo in cui i conti della banca erano talmente disastrati che probabilmente, se non fosse intervenuto il governo Prodi e soprattutto l’allora governatore di Bankitalia, Antonio Fazio, che obbligò Unicredit nel 2007 alla fusione per incorporazione, si sarebbero dovuti portare i libri contabili in tribunale.
VARIE VICISSITUDINI GIUDIZIARIE. Infine il professor Savona, dopo la fusione tra Unicredit e Capitalia, è stato anche il presidente di Unicredit-Banca di Roma, una di quelle banche di cui ho narrato le vicende nei miei libri di inchiesta senza mai ricevere neppure una querela per diffamazione. Indagato per usura nel 2014 dal tribunale di Trani e dalla procura di Cagliari, il professore durante il suo mandato in Unicredit aveva al suo fianco, come direttore generale, Alessandro Cataldo, il quale fu successivamente inquisito, unitamente al suo mentore Fabrizio Palenzona dal tribunale di Firenze per concorso in truffa e appropriazione indebita (il riciclaggio è stato recentemente escluso dalle accuse).
Bene, se voi foste Larry Fink prestereste dei soldi a chi ha manifestato quantomeno incoerenza tra ciò che si è “venduto” durante la campagna elettorale e quello che invece si sta proponendo una volta ricevuta la fiducia dagli italiani? Avreste fiducia di chi non mantiene la “parola data”?
E LA RATA DEL MUTUO INTANTO SI ALZA. Ecco perché lo spread sale. Perche Larry Fink preferisce a questo punto investire i suoi capitali nel più sicuro debito pubblico tedesco. A meno che lo Stato italiano non paghi almeno il 2,70% (i 270 punti di spread) di interessi in piu rispetto a quanto offre la Germania. Nel frattempo, se è vero che io valgo solo lo 0,000009% dell’elettorato, è altrettanto certo che quel voto mi sta gia costando una rata di mutuo piu alta. Molto di piu dello 0,000009%.