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Il delitto finanziario più atroce per le imprese: i derivati!
In due settimane affronteremo il tema degli strumenti derivati venduti a chi non è consapevole del rischio che corre
“In finanza lo strumento derivato (o più semplicemente derivato) in finanza è un contratto o titolo il cui prezzo sia basato sul valore di mercato di un altro strumento finanziario, definito sottostante (come, per esempio, azioni, indici finanziari, valute, tassi d’interesse). Gli utilizzi principali degli strumenti derivati sono la copertura di un rischio finanziario (detta hedging), l’arbitraggio (ossia l’acquisto di un prodotto in un mercato e la sua vendita in un altro mercato) e la speculazione”.
Questa è la definizione di Wikipedia ma… chi ha capito alzi la mano!
Proprio nell’ignoranza e nella scarsa consapevolezza del cliente si annida la principale leva commerciale utilizzata dalle banche per compiere il piu atroce dei delitti finanziari: la vendita di uno strumento derivato alle imprese.
Come diceva il mitico Totò ai suoi clienti nel film Miseria e nobiltà, lui che, nel dopoguerra, interpretava il ruolo di uno scrivano marketing oriented, in una Napoli analfabeta: «Lei è ignorante? Bene, così si fa! E non mandi i suoi figli a scuola».
Chiaro! Perché se la popolazione si alfabetizzava, lui che faceva lo scrivano, perdeva clienti.
Si tratta di strumenti talmente complessi che fanno fatica a capirli anche gli stessi bancari di filiale che vengono sbattutti sul fronte a collocare questi prodotti senza la adeguata formazione.
I derivati sono studiati e preparati nelle torri cablate delle direzioni generali con la piena consapevolezza, in questo caso sì, del top management e della direzione finanziaria di una banca.
Ma allora perché un funzionario di banca, soprattutto se nel ruolo di gestore imprese, spinge affinché il cliente metta a repentaglio il proprio equilibrio finanziario?
Semplice, per puro guadagno: se una polizza assicurativa rende alla banca mediamente il 13% delle provvigioni, un derivato frutta anche il 50%.
E allora perché tentare di spiegarlo, questo complesso strumento finanziario, dal punto di vista tecnico?
I lettori, anche se fosse raccontato per farlo capire ai bambini, si annoierebbero.
Quello che occorre comprendere è la logica (o illogica) del prodotto.
Pedestremente sono una scommessa, né più né meno, come quella dei giochi: se si verifica una certa situazione si vince.
Solo che non abbiamo a che fare con un limitato numero di possibilità, ma con l’intero pianeta: puoi scommettere su qualunque cosa.
L’unico che veramente ci guadagna però… è chi te lo vende!
Paradossalmente si potrebbe creare un derivato anche sulla possibilità che la prossima settimana a Napoli ci sia la nebbia.
La scommessa nasce dal fatto che un soggetto ha venduto all’altro, contestualmente a un contratto, un’auto senza i fendinebbia.
Io scommetto dì sì, la controparte scommette il contrario e tra sette giorni vedremo chi vince e chi perde.
Il problema è che, continuando con lo stesso esempio, una delle due controparti – in questo caso la banca – è un colonnello dell’aeronautica specializzato in meteorologia e l’altro contraente – il cliente – è invece un cittadino che non legge neppure il giornale per vedere la rubrica ‘Domani che tempo fa’?
Tra i due scommettitori vige una ‘asimmetria informativa’: uno è molto più informato e tecnicamente preparato rispetto all’altro.
Probabilmente chi ha venduto l’auto senza fendinebbia sa, con ragionevole certezza, che la settimana prossima a Napoli ci sarà la nebbia (evento che può prevedere solo chi conosce bene la materia).
Ma non si preoccupa di avvisare la controparte che, senza fendinebbia, potrebbe andare a sbattere contro un guardrail.
Al massimo, gli consiglia di cautelarsi con un’ulteriore assicurazione contro l’eventuale rischio nebbia!
Il nome di questi prodotti viene proprio da questo: hanno un valore che «deriva» da qualcos’altro.
Può essere l’andamento di un indice di Borsa, del prezzo del petrolio, del cambio di due monete, del tasso di interesse.
Capita spesso, quasi sempre (ancora oggi, nonostante quanto successo negli ultimi cinque anni, senza limiti e senza vergogna) che un istituto bancario proponga un derivato (o, come sono solito dire per non spaventare, un’assicurazione!) in concomitanza con l’accensione di un finanziamento a tasso variabile a medio termine, apparentemente allo scopo di proteggere la società contro il rialzo dei tassi d’interesse.
Magari con l’obbligo, subdolamente fatto “percepire”, di sottoscrizione perché la direzione (fantomatica entità astratta che decide per gli altri) «ha subordinato a questa sottoscrizione il buon fine del rilascio della linea di credito concordata».
Spesso i funzionari della banca “spiegano e presentano” il contratto come un’assicurazione (si puo’ parlare del reato di truffa?), il cui contraente paga un premio, limitato, per assicurarsi contro un rischio potenzialmente illimitato.
Intellettualmente bello, ma tecnicamente fuorviante e impossibile, il rischio per chi emette un contratto derivato è sempre calcolato!
Ma soprattutto, e qui si ritorna alla prima puntata della nostra rubrica, attraverso la “manipolazione” del profilo di rischio del cliente.
Del resto le banche hanno paura. Hanno paura delle loro stesse azioni. Hanno paura che un certo modo di operare possa ritorcersi contro.
Perché sanno di avere la coscienza sporca, sanno di aver agito (e di agire ancora) in maniera opaca. E sanno anche che il cliente potrebbe rivalersi dei torti subiti se solo sapesse come stanno veramente le cose.
Ma di questo ne parleremo la prossima puntata!
Stay tuned
A cura di Vincenzo Imperatore