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Contro la malafinanza il governo gialloverde non ha fatto nulla
Il caso Carige è l’ennesima dimostrazione dell’operazione di marketing politico che può illudere solo i non addetti ai lavori. Tutte le promesse elettorali di M5s e Lega sono rimaste lettera morta.
Articolo a cura di Vincenzo Imperatore su Lettera43
Il cambiamento del nulla è il nulla! Inutile girarci intorno, questo è il risultato della grande battaglia promessa, in campagna elettorale, dal governo gialloverde contro la malafinanza. La gestione della risoluzione del caso Carige è l’ennesima dimostrazione della operazione di marketing politico che può illudere e confondere solo i non addetti ai lavori. «Non daremo un soldo alle banche» tuonavano le fanfare pre-elettorali. Vero! Non danno un soldo alle banche ma ne hanno stanziati tanti a chi salva le banche.
LA SGA GIÀ INTERVENUTA PER LE VENETE
Provate a leggere il comma 35 dell’articolo18 della legge di bilancio approvata il 30 dicembre tailor-made per banca Carige. Recita così: «Il ministero dell’Economia è autorizzato ad apportare, con propri decreti, per l’anno finanziario 2019, variazioni compensative tra le spese per la partecipazione italiana a banche, fondi e organismi internazionali e le spese connesse con l’intervento diretto di società partecipate dal ministero all’interno del sitema economico, anche attraverso la loro capitalizzazione». In altri termini i soldi stanziati per le banche potranno essere spostati per capitalizzare società partecipate dal ministero dell’Economia: la Sga (società per la gestione di attività), la bad bank già intervenuta per le banche venete che avrà quindi nuove risorse per acquistare i crediti cattivi di Carige. Sga è già interventa in Carige sottoscrivendo 30 milioni di aumento di capitale nel 2018. Quelle azioni oggi valgono poco più di niente. Come aiutare quindi Sga? Facendo acquistare gli Npl di Carige a prezzi stracciati e con soldi provenienti dalle casse dello Stato. Ma il “nulla” è dappertutto sul tema delle banche. Le promesse elettorali sono (finora) tutte disattese.
I CITTADINI-RISPARMIATORI SONO STATI DIMENTICATI
Ricapitolando: nulla (finora) è stato fatto sul tema della tutela dei cittadini-risparmiatori. Basta chiederlo ai rappresentanti delle associazioni dei risparmiatori truffati delle banche fallite, che hanno ricevuto tanti inviti a sedersi ai “tavoli” senza mai ricevere in cambio qualcosa in più di una promessa per la modifica della prima versione del provvedimento. Provvedimento che, contrariamente a quanto dichiarato in campagna elettorale, prevedeva solo rimborsi parziali ed era praticamente una fotocopia delle disposizioni dei precedenti governi bancocentrici. Nulla (finora) è stato fatto sul tema della riforma delle banche di credito cooperativo, che sono state accontentate con una proroga formale di pochi mesi che ora sta per scadere. Nel frattempo le Bcc stanno già facendo le assemblee dei soci per deliberare le adesioni ai maxi-gruppi senza che nulla sia stato comunicato ai soci (che ricordiamo sono essenzialmente agricoltori, allevatori, piccoli commercianti e artigiani), che stanno per perdere il diritto di recesso e di riavere indietro i soldi delle quote sottoscritte.
AUTORITÀ DI CONTROLLO E MANAGEMENT: NULLA DI FATTO
Nulla (finora) è stato fatto sul tema della maggiore responsabilizzazione del management bancario e delle autorità di controllo, primi responsabili di eventuali dissesti, anche attraverso l’inasprimento delle pene esistenti per fallimenti dolosi. Anzi, alle banche sono arrivati due bei regali per Natale: la deroga del rispetto dei principi contabili internazionali Ifrs 9 e la sterilizzazione dell’effetto spread, che legittimano il falso in bilancio per gli istituti di credito. Nulla (finora) è stato fatto sul tema dei parametri dei protocolli di rating di Basilea, che a oggi creano grave pregiudizio alla sopravvivenza e allo sviluppo del tessuto della micro-impresa italiana. Sarà forse solo un caso che, secondo quanto riportato dall’ultimo bollettino Bankitalia, i prestiti bancari alle imprese ad agosto 2018 sono diminuiti di circa 40 miliardi di euro rispetto alla consistenza di maggio. Nulla (finora) è stato fatto per la creazione della Banca per gli investimenti, lo sviluppo economico e delle imprese italiane, che sarebbe dovuta nascere per effetto di un’apposita legge e che avrebbe dovuto svolgere attività di secondo livello per le piccole e medie imprese, agendo (anche come gestore del Fondo di Garanzia) in cofinanziamento con il sistema bancario, soprattutto con le banche di medie e piccole dimensioni radicate sul territorio, a supporto delle Pmi. Se incrociamo tre dati – la contrazione del credito di cui al punto precedente, una crescita nulla del Pil nell’ultimo trimestre e l’avanzo finanziario delle imprese (in surplus dalla fine del 2012) che è diminuito nel corso del 2018 – si capisce che gli investimenti sono stati essenzialmente autofinanziati dalle stesse imprese. E quali sono le imprese che hanno cash flow sufficiente per sostenere, senza ricorrere al credito bancario, la spesa per investimenti? Sicuramente non le piccole imprese. Serve altro? Quanto dobbiamo ancora aspettare?