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Ci stanno sfilando anche le Bcc
Ricordate il decreto Milleproproghe che, emanato nel luglio 2018, comprendeva, tra l’altro, anche alcune modifiche alla riforma delle banche di credito cooperativo (Bcc)? In questo caso potrebbe non essere servito. La lobby bancaria da sempre controlla e manipola il potere politico e sta ottenendo ancora dei risultati. Il decreto prevedeva la proroga a fine gennaio 2019 dei termini per la piena efficacia della costituzione dei gruppi bancari cooperativi e soprattutto, al fine di garantire più autonomia sul piano delle strategie e delle politiche commerciali, di innalzare al 60% del capitale sociale le partecipazioni degli istituti di credito cooperativo nella banca capogruppo.
Come se nulla fosse accaduto, la capogruppo Cassa centrale banca ha iniziato a settembre (con circa quattro mesi di anticipo rispetto alla scadenza) a inviare alle singole Bcc una lettera di sollecito per la convocazione, «entro e non oltre il 25 novembre», delle singole assemblee dei soci che dovrebbero deliberare l’adesione al gruppo. E l’altro gruppo facente capo a Iccrea ha addirittura fissato al 9 ottobre la data entro la quale inviare i testi degli statuti con le modifiche da apportare.
Ma perché tanta fretta? Perché la Banca centrale europea, sotto la cui vigilanza finiranno i due gruppi non appena costituiti, ha urgenza di effettuare l’Asset quality review (la revisione della qualità degli attivi) già nel mese di gennaio 2019. E cioè dopo la loro costituzione. L’Aqr è un esame che, unitamente ad altri due test, consente alla Bce di verificare la solidità patrimoniale delle principali banche europee.
Se quindi questo esame viene effettuato dopo la costituzione del gruppo, nel caso in cui dovessero emergere deficienze patrimoniali i due nuovi colossi del nostro sistema bancario sarebbero obbligati, secondo le nuove regole, a deliberare un aumento di capitale per reperire nuove risorse. E siccome si stima che un terzo delle Bcc sia considerato a rischio, la maggior parte non sarebbe quindi in grado di sostenere la ricapitalizzazione. Tralaltro l’impennata dello spread degli ultimi mesi ha ulteriormente impoverito per centinaia di milioni di euro i bilanci delle banche cooperative (ricordiamolo, sono quelle che in termini relativi hanno più titoli di Stato in portafoglio).
In tal modo, per qualche poltroncina riservata ai sostenitori della riforma, si darebbe spazio al capitale straniero il cui ingresso diluirebbe immediatamente la soglia di sicurezza del 60% per garantirne il controllo.
Equazione perfetta: avanti un altro invasore.
A cura di Vincenzo Imperatore