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At last but not the least, i rendimenti
Il percorso in 4 puntate nel mondo della previdenza complementare termina con una panoramica sull’aspetto che interessa di più il risparmiatore.
Articolo a cura di Vincenzo Imperatore per People for Planet
I dati messi a disposizione dalle autorità di vigilanza e controllo (fonte: ultima relazione Covip) certificano che i lavoratori che hanno aderito alla previdenza complementare dovrebbero ritenersi soddisfatti, in quanto, a prescindere dalla forma opzionata tra le tre, tutte battono la rivalutazione del Tfr lasciato in azienda. E’ anche vero però che il 23,5% degli iscritti alla previdenza complementare nel 2017 non ha effettuato contribuzioni perché probabilmente è rimasto intrappolato dalle promesse dei venditori aggressivi e ora, benché non possa uscire dal fondo, si guarda bene dal versare altri soldi
Questo è sufficiente per capire che, per quanto riguarda Fpa e Pip, è arduo consigliare quali preferire, perché la struttura di offerta della previdenza complementare è costituita da 415 forme pensionistiche: 35 fondi negoziali, 43 aperti, 77 piani individuali pensionistici (PIP), 259 preesistenti, oltre ancora a FONDINPS! I costi medi nazionali dei Fpa, comparabili grazie all’Isc (Indicatore sintetico dei costi), oscillano tra lo 0,47% e l’ 1,72% annui, a seconda dei comparti prescelti, mentre quelli dei Pip stanno tra l’1,87% e il 2,71%.
La forbice è molto alta; dietro a questi dati medi, non deve però sfuggire che esistono comunque comparti di Fpa più cari di quelli dei Pip. Verificare i costi è doveroso, però questi vanno poi coniugati con i rendimenti. Prodotti poco costosi e poco performanti, peggio ancora molto costosi e poco redditizi, si alternano ad altri mediamente costosi e ben performanti. Va altresì sottolineato che i fondi pensione sono strumenti di investimento tipicamente di lungo periodo (pluridecennali). Correttamente innescano dei meccanismi di inversione dei costi all’aumento dell’importo sotto gestione, così gli aderenti coerenti avranno ulteriori vantaggi derivanti dalle economie di scala.
A fare il resto della differenza sono quindi elementi quali l’expertise gestionale, la consistenza delle masse, il miglior rapporto rischio/rendimento, la capacità di innovazione, la dimostrazione di sapersi adeguare velocemente ai cambiamenti di mercato, normativi, fiscali e operativi.
Per i giovani lavoratori l’adesione alla previdenza complementare dovrebbe essere imprescindibile ma ,cosi come indicato nel rapporto Covip, “rimangono ai margini del sistema di previdenza complementare”. Probabilmente gli intermediari (banche e compagnie di assicurazione) fanno ancora fatica a consolidare un rapporto di fiducia con chi deve legarsi le mani per 40 anni circa. Una conferma e’ rappresentata anche dal fatto che, sempre dati Covip 2017, le prestazioni pensionistiche erogate alla fine dei piani sono state distribuite in capitale (mi prendo tutto alla scadenza del piano) in 2,6 miliardi e in rendita (mi prendo una pensione mensile per tutta la vita) per circa 700 milioni di euro. Della serie: prendo i soldi e scappo altro che pensione di scorta!
E una domanda in termini di tecniche di vendita dovremmo pur porcela visto che in Italia a fine 2017 risultano iscritti 7,6 milioni di risparmiatori. Sono tutti consapevoli? Hanno tutti maturato e metabolizzato la decisione in autonomia e senza alcuna pressione?
Unico consiglio: per ridurre gli errori, maturare conoscenza partecipata, ottenere di più… è utile affidarsi a professionisti seri, di provata esperienza, indipendenti o che rappresentano società storiche, con unica vocazione la gestione professionale del risparmio.