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Una nuova tempesta sta per abbattersi sul mondo delle Pmi
Cari imprenditori, siate critici sulle soluzioni “dilatorie” che servono solo a creare consenso elettorale ma che vi conducono alla rovina. E ricordate: le banche corrono più velocemente di voi.
Articolo di Vincenzo Imperatore su Lettera43
Il Giubileo, per la Chiesa cattolica, è il periodo speciale della remissione dei peccati, della riconciliazione e della conversione. Esso può essere ordinario e straordinario. Quello ordinario è legato a scadenze prestabilite, quello straordinario viene indetto in occasione di qualche avvenimento di particolare importanza e la sua durata varia da pochi giorni a un anno. Piccola premessa per introdurre il concetto di “Giubileo bancario” che diventa sempre piu argomento di discussione (e solo di discussione) nei salotti politico-associazionistici. In sostanza ci si confronta sulla opportunità, in questo momento di perdurante e grave crisi economica, di escogitare soluzioni atte a comprimere l’ammontare delle sofferenze bancarie, vale a dire di quei crediti che, a causa della grave difficoltà o impossibilità di restituzione in capo al debitore, deprimono i bilanci delle banche e si scontrano con le norme europee che vorrebbero la loro rapida eliminazione dai medesimi bilanci.
PMI E FAMIGLIE A RISCHIO. Ma il giubileo bancario non è stato (giustamente) pensato solo per le banche ma anche e soprattutto per le piccole e medie imprese e le famiglie che corrono il serio rischio di vedere distrutta la propria fonte di reddito e di perdere, ad esempio, la prima casa a fronte del mutuo impagato. Proposte logiche che prospettano soluzioni assolutamente condivisibili come quella che prevede, in luogo della cessione agli “avvoltoi di turno” (i fondi specializzati) a prezzi eccessivamente bassi (circa il 15-20% del valore nominale) una rinegoziazione del credito col debitore a valori più vicini al netto contabile (oggi mediamente pari a circa il 40% del nominale) e comunque superiori al prezzo di cessione a terzi. Rinegoziazione che, unita alla previsione contrattuale di un lungo periodo per il rientro (in particolare si pensi ai mutui fondiari), permetterebbe a milioni di famiglie di respirare e alle banche di cancellare da subito tali partite dalle Centrali rischi di sistema, cioè di escludere i debitori dagli elenchi dei “cattivi pagatori”, la cui iscrizione impedisce a tali soggetti di reimmettersi nel circuito bancario come clienti.
INDIGNARSI NON BASTA. Perfetto. E tutto questo in quanto tempo potrebbe realizzarsi? Se si prende in considerazione l’intera 17esima legislatura, iniziata il 15 marzo del 2013, ed escludendo il miraggio di un ddl di natura governativa (governi troppo bancocentrici), la Camera dei Deputati impiega mediamente 392 giorni per approvare una legge di iniziativa parlamentare mentre il Senato solo 226 giorni. Totale circa 620 giorni, pari a due anni. Nel frattempo le banche vengono salvate e l’economia reale muore. Il disastro finanziario più eclatante della storia del nostro paese, ben superiore a quello del 1929, sta producendo danni irreparabili per il sistema imprenditoriale italiano che, ricordiamo, è rappresentato per circa l’85% da piccole e (poche) medie imprese. “Lo Sportello” di Lettera43.it da oltre tre anni sta tentando di spiegare imotivi del credit crunch, della stretta creditizia, ma soprattutto ha piu volte sottolineato che contro le banche non basta indignarsi: serve coraggio. Il coraggio della denuncia, di trascinare in tribunale le banche affidandosi a professionisti altrettanto “impavidi” e non collusi o, peggio ancora, molto impreparati.
Cari imprenditori, lasciate perdere proposte che, sebbene accettabilissime, non sono di immediata applicazione; queste idee facciamole elaborare alla inutile classe politica; invitate i rappresentanti delle associazioni di categoria a non seguire ipotesi non concrete per il salvataggio degli imprenditori. I prossimi mesi saranno difficili, perché sulle imprese affidate al gruppo Intesa SanPaolo grava il rischio che al primo segnale di crisi ci possa essere una contrazione dei finanziamenti. Viene infatti il sospetto che pesi su di noi cittadini il decreto 99 del 25/6 con cui il governo sta gestendo la liquidazione delle due banche popolari venete. Che potrebbe comportare un aumento di tasse lasciando alla banca autonoma decisione sui suoi rapporti con le aziende verso le quali è creditrice.
DI TUTTE LE IMPRESE UN FASCIO. In altri termini la banca ha ottenuto dal governo, con una efficiente forza negoziale, la possibilità di farsi garantire l’eventuale deterioramento delle posizioni creditizie che si dovessero sviluppare nei prossimi mesi. Quale migliore occasione per girare nella bad bank (la banca dei cattivi gestita invece dallo Stato) imprese “sofferenti” che, al momento, sono solo “semplici preoccupazioni”? Tanto non ci rimetterebbe un euro. E soprattutto nessuno le potrebbe vietare (il decreto lo prevede) di considerare “cattive” non solo le imprese provenienti da BpVi e Veneto Banca ma anche le altre imprese “a rischio”. Un modo semplice di ripulire il bilancio da perdite e accantonamenti a costo zero. Per la banca, ma non per noi.
ATTENZIONE ALLE SOLUZIONI “DILATORIE”. Un’altra tempesta sta quindi per scatenarsi sul mondo delle piccole imprese. Cari imprenditori, muovetevi in fretta e cercate di essere critici sulle soluzioni “dilatorie” che servono solo a creare consenso elettorale ma che vi conducono, per effetto del fattore tempo, alla rovina. Le banche corrono piu velocemente degli imprenditori e delle associazioni di categoria. Fate presto altrimenti, unitamente al giubileo bancario, tra poco dovremo chiedere anche l’indulgenza per chi cavalca queste soluzioni inapplicabili nel breve termine.