By: account
Siamo certi che le banche creino ricchezza?
Il rapporto Oxfam parla chiaro: il divario tra ricchi e poveri aumenta sempre di più e l’ascensore sociale è bloccato. Ma quale è la responsabilità della finanza? Enorme. Tra business paralleli e investimenti spregiudicati.
Articolo a cura di Vincenzo Imperatore su Lettera43
L’argomento piu battuto dai media in questa settimana ha riguardato i dati emersi dal rapporto Oxfam, il movimento mondiale di persone che vogliono eliminare l’ingiustizia della povertà. Un report sconfortante da cui emerge che il divario fra ricchi e poveri cresce sempre di più, nel mondo e anche in Italia. La ricchezza è sempre più concentrata in poche mani: l’1% più ricco della popolazione mondiale possiede quanto il restante 99%, mentre nel nostro Paese, che fotografa una situazione simile, il 40% più ricco detiene circa l’85% della ricchezza nazionale lasciando al 60% più povero appena il 15%.
ASCENSORE SOCIALE BLOCCATO. Non mi meraviglia e non deve stupire perché la storia dell’economia lo insegna: da sempre nei sistemi capitalistici sono garantite le diseguaglianze, più o meno variabili ma comunque sempre profonde. L’alternativa sarebbe dovuta essere il comunismo ma sappiamo come è andata a finire. Non ci rimane che la possibilità di una socialdemocrazia con un welfare e un sistema di redistribuzione del reddito gestito con potere decisionale non in mano a pochi. E in tal senso ciò che deve indurre a riflettere riguarda appunto il fatto che la produzione della nuova ricchezza vada a finire sempre nelle stesse tasche. Un sintomo del malfunzionamento di quell’ascensore sociale che dovrebbe garantire efficienza in entrambe le direzioni. Non solo quindi in salita attraverso la creazione di un nuovo ricco ogni due giorni ma anche in discesa laddove dovrebbe essere fondamentale avere anche ricchi che diventano poveri o, meglio, molto meno ricchi. Il problema non è l’1% piu ricco ma il fatto che in quell’1% ci siano sempre gli stessi! Quali sono le cause che la cinica politica finanziaria produce sugli effetti redistribuitivi settoriali, generazionali e anche territoriali? E che responsabilità ha la finanza in questo contesto?
Analizziamo alcuni dati, già affrontati su queste colonne, che evidenziano la colpevolezza delle banche nel processo di creazione di povertà a vantaggio di pochi privilegiati: 200 miliardi di crediti deteriorati e quindi l’incapacità di valutare il merito creditizio ha prodotto il credit crunch, il risultato di una malagestio miope e di breve periodo per effetto della quale i banchieri hanno largheggiato (è divenuta “cultura” creditizia) in finanziamenti concessi con leggerezza a tutti (anche ai “non amici”) senza verificare se gli investimenti dei beneficiari avessero nel frattempo creato ricchezza e occupazione. La vendita in banca di prodotti di largo consumo (televisori, telefonini, tablet, frigoriferi e così via) attraverso tecniche subdole di pressioni psicologiche nei confronti dei richiedenti finanziamenti, oltre che distruggere interi settori economici attraverso l’esercizio di una concorrenza sleale nei confronti di piccoli imprenditori che vendono quei prodotti, induce il cittadino ad acquistare un prodotto che probabilmente già possiede o di cui non se ne fa niente, creando bisogni che non esistono o che non possono essere soddisfatti.
I NUOVI BUSINESS DELLE BANCHE. La mancanza di trasparenza nel comunicare chi sono i prenditori di denaro è propria di quelle banche che, celandosi dietro la solita manfrina del rispetto della privacy, finanziano anche le aziende che producono armi. E le armi servono essenzialmente a fare le guerre. Le banche si sono inventate il nuovo business della intermediazione immobiliare. Hanno creato delle società ad hoc che fanno concorrenza agli agenti immobiliari che proprio a marzo del 2015 hanno promesso una guerra senza confine depositando addirittura un esposto all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato per «violazione della tutela della libera concorrenza e del consumatore». In particolare i colossi del sistema del credito italiano si sono insinuati nuovamente nello stato di disperazione di imprese e famiglie: questa nuova attività di intermediazione si manifesta attraverso la vendita di case e opifici, derivanti prevalentemente da mutui non pagati, a clienti (privati e società immobiliari) che hanno le disponibilità monetarie per pagarle. Certo, queste società (praticamente le banche) hanno già tutto quello che serve per realizzare con “facilità“ l’incontro tra la domanda e l’offerta: chi ha necessità di vendere l’immobile e chi ha i soldi per comprarlo.
APPUNTI PER DAVOS. Poche banche (si contano sulle dita di una mano) hanno scelto di dare un segnale educativo alla lotta contro la ludopatia inibendo le carte di credito dalle operazioni di pagamento in esercizi o su siti internet classificati nella categoria commerciale gambling (gioco d’azzardo) oppure scegliendo di non proporre mai allo sportello i gratta e vinci, come invece accade negli uffici postali. Le banche sono i principali alleati dei “grandi” evasori fiscali attraverso i loro trust e le loro società fiduciarie collocate nei paradisi fiscali, i loro prodotti come per esempio i diamanti che sollecitano per investimenti in prodotti “fiscalmente neutri” e la gestione della normativa antiriciclaggio che continua a tutelare lobby potenti come quella del clero e dei cinesi. Di questo si dovrebbe parlare a Davos! Alla prossima.