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Profilo di rischio: facciamo un class action virtuale
Non è stato ancora estirpato il male incurabile del sistema bancario: la revisione da parte delle banche del profilo di rischio dei risparmiatori.
Articolo di Vincenzo Imperatore su “People For Planet”
Sono passati 4 anni circa dalla uscita del mio “IO SO E HO LE PROVE” (Chiarelettere) che scoperchio’ il pentolone della malafinanza. Da allora sono andate in default parecchie banche, sono stati traditi e azzerati centinaia di migliaia di risparmiatori, ho scritto altri due libri (“IO VI ACCUSO” e “SACCO BANCARIO” sempre per Chiarelettere) sulla gangbank, e’ stata rafforzata la tutela del risparmiatore con la introduzione della direttiva comunitaria MIFID2 (esisteva gia’ la MIFID1), e’ stata istituita una Commissione bicamerale di inchiesta sulle banche in crisi che ha certificato tra l’altro anche la inefficienza (!!!) di Bankitalia e Consob ma… il risultato non e’ cambiato!
Non e’ stato ancora estirpato il male incurabile del sistema bancario: la revisione da parte delle banche del profilo di rischio dei risparmiatori. Un check-up generale, magari imposto agli istituti di credito da un decreto ad hoc, di quello che considero la “madre” di tutte le truffe bancari.
In attesa pero’ di una legislazione al riguardo, se proprio vogliamo renderci conto di come hanno lavorato (e probabilmente lavorano) le banche per noi clienti allora, nella prima puntata della nostra rubrica, lanciamo una ‘virtuale’ class action: tutti in banca a chiedere di verificare (ed eventualmente modificare) il «proprio profilo di rischio».
L’obiettivo è di eliminare dalle mani delle banche lo strumento che consente alle stesse di proporre e vendere al cliente i prodotti che “loro” (le banche) vogliono collocare, e quindi di tutelarsi con un paracadute da utilizzare in caso di eventuali contestazioni.
Ma che cosa è il profilo di rischio?
La direttiva comunitaria sui servizi di investimento, entrata in vigore nel 2007 e nota come Mifid (Market in financial instruments directive), richiede che le banche, per qualsiasi cliente e per qualsiasi offerta di prodotti, debbano obbligatoriamente valutare «l’adeguatezza e l’appropriatezza del prodotto o servizio offerto e venduto ai clienti».
A tal fine, la nuova normativa stabilisce che ciascuna banca proceda obbligatoriamente a una classificazione dei propri clienti in base alle caratteristiche degli stessi e alla competenza in materia finanziaria e ne tracci quindi un «profilo di rischio o profilo finanziario»
Il profilo di rischio è una vera e propria fotografia dell’investitore fatta attraverso un questionario detto Test di appropriatezza o di adeguatezza (vedi allegato) che assolve la funzione di raccogliere e documentare i dati ottenuti o forniti dal cliente alla banca.
Per il tipo e la quantità di informazioni, il test è graduato e modulato sulla base di un crescente «grado di rischio» che viene riconosciuto al prodotto finanziario che si intende offrire o vendere.
Ma perché questa precauzione? Cosa e’ successo negli ultimi anni nelle banche italiane?
La cronaca e la magistratura ci hanno confermato che il Test di adeguatezza (e quindi il corrispondente profilo di rischio) in numerosi casi non era ( e non e’) la fotografia dell’investitore ma quella che la banca, spesso surrettiziamente, produce per il cliente, predisponendo il test già precompilato con la «baffatura» nelle caselle «convenienti» per l’Istituto di credito e sottoponendolo poi alla firma del cliente, tra le centinaia di carte che solitamente vengono prodotte.
Della serie: decidiamo noi banche che ne sai tu di un titolo di Stato, di una obbligazione strutturata, di una azione o, addirittura, di uno strumento derivato.
In tal modo gli istituti di credito si sono precostituiti la «giustificazione giuridica», l’alibi per poter collocare e vendere prodotti ad alto rischio tipo obbligazioni Parmalat, Cirio, Lehman Brothers, polizze assicurative, diamanti, swap sui tassi di interesse, nonché obbligazioni subordinate e azioni di banche a seguito degli aumenti di capitale dalle stesse deliberati! Cioe’ tutta quella spazzatura che il cliente inconsapevole non avrebbe mai acquistato !
Ma cosa deve fare il cliente ? A tal proposito forniamo un To do in tre punti che può cambiare, rivoluzionare, stravolgere il rapporto tra banca e cliente. Tre consigli per difendersi:
- Andare in banca e chiedere di verificare il proprio «profilo di rischio»
- Se il cliente si accorge che non è il suo «profilo di rischio», la sua “fotografia” di risparmiatore, ne chiede (e ottiene) la modifica, adeguandolo alle sue effettive caratteristiche di investitore.
- A questo punto la banca si trova nell’impossibilità di offrire e vendere, in futuro, prodotti che il cliente non avrebbe mai voluto acquistare.
Quindi muoviamoci, reagiamo, mobilitiamoci.
In questo Paese siamo sempre più abituati a pensare che la responsabilità dello status quo sia ………..di qualcun altro. Molto spesso il cambiamento passa attraverso di noi. Altrimenti non lamentiamoci.