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L’anatocismo è uscito dalla porta ed è entrato dalla finestra
Ogni anno la stessa storia!
Articolo a cura di Vincenzo Imperatore su “People for Planet”
Oggi parliamo di anatocismo, la più odiosa e antica strategia messa in pratica dalle banche per spremere soldi dai conti correnti dei clienti.
E ne parliamo perché le banche, tra fine 2017 e l’inizio di questo 2018hanno cominciato un’attività di comunicazione martellante (lettere recapitate per posta, mail, avvisi online eccetera) per convincere i loro clienti a firmare una “autorizzazione” come quella che vedete.
Ma andiamo con ordine e capirete
Cominciamo col dire che l’anatocismo sarebbe dovuto scomparire; invece, uscito dalla porta, è rientrato dalla finestra. Come un fantasma, continua a essere l’incubo dei risparmiatori. Il termine anatocismo deriva dal greco anà, cioè «di nuovo», e tokòs, che significa «interesse», e consiste nella capitalizzazione degli interessi passivi affinché questi, sommati appunto al capitale, producano maggiori interessi. Il suo principale effetto è l’aumento esponenziale del debito a carico del correntista. Nel 2004 la Corte di cassazione ha dichiarato illegittimo l’anatocismo bancario. Sentenza accolta anche dal governo Letta, che nella Legge di Stabilità del 2014, ne confermava il divieto. Le banche, però, hanno sempre trovato il modo di aggirarlo, preferendo rischiare una condanna in tribunale, piuttosto che intascare minori utili, con la scusa che le leggi in materia non erano da considerarsi «complete». Secondo gli istituti di credito, mancava infatti un tassello. Una delibera attuativa del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio (Cicr) di cui fanno parte, è bene ricordarlo, i titolari di ben cinque ministeri (Economia e Finanze, Politiche agricole, Sviluppo economico, Infrastrutture e Trasporti, Politiche europee) e alle cui riunioni partecipa, senza diritto di voto, anche il governatore della Banca d’Italia.
Nel 2015 il problema è stato finalmente affrontato dal governo «bancocentrico» dell’ex premier Matteo Renzi, pilotato dalla lobby finanziaria. Purtroppo, quella che doveva essere una normativa dalla parte dei cittadini, si è rivelata la solita clamorosa fregatura.
Il 1° ottobre 2016 è entrata quindi in vigore la nuova legge, dove è riportata la seguente frase: «l’anatocismo trimestrale sugli interessi convenzionali è stato annullato». Ciò significa, per differenza, che è ancora consentito l’anatocismo annuale. La legge parla poi solo di «interessi convenzionali», ossia, per intenderci, di tutti quelli sanciti da un accordo sottoscritto e firmato dal cliente della banca. L’anatocismo, insomma, sarebbe applicabile a un solo altro tipo di interessi, quelli «di mora».
Ma è poi vero che l’anatocismo non si applicherà più agli interessi convenzionali? Non proprio. Le nuove norme stabiliscono che gli interessi dovuti alla banca, calcolati alla fine dell’anno solare, quindi al 31 dicembre, possono essere incassati dall’istituto di credito (o addebitati sul conto del cliente), non prima del 1° marzo dell’anno successivo. Entro quella data, il correntista, per effetto della nuova legge, ha due possibilità:
– pagare subito gli interessi passivi. In questo caso, il problema dell’anatocismo è in effetti scongiurato, perché il cliente estingue il suo debito;
– farseli addebitare automaticamente sul conto corrente alla data del 1° marzo. In tal caso, occorre che il cliente manifesti questa sua volontà alla banca con un’autorizzazione firmata.
Se il cliente sceglie la seconda opzione, gli interessi passivi maturati fino al 31 dicembre dell’anno precedente, incideranno sul suo conto a partire dal 1° marzo. Attenzione però. Se al momento dell’addebito sul conto c’è una somma tale da poter pagare l’interesse, va tutto bene: la banca incassa e il debito si estingue. Se invece il conto del cliente è in rosso, gli interessi, una volta addebitati, faranno maturare a loro volta altri interessi, che andranno ad appesantire il rosso già esistente. Insomma, l’anatocismo farà il suo ritorno in scena. Ora, dobbiamo considerare un dato, forse ovvio ma troppo spesso trascurato: la stragrande maggioranza dei correntisti ha un conto in rosso. Anche di pochi spiccioli, magari, ma in rosso. Le banche, che hanno l’obiettivo di incassare gli interessi, oppure, in alternativa, lucrare su essi (ecco perché a loro, l’anatocismo, conviene) ottengono un vantaggio dalle autorizzazioni firmate dai clienti, poiché – se il conto è in rosso – si garantiscono subito il decorso dei nuovi interessi sugli interessi.
In altre parole, con la firma di quella dichiarazione, il cliente dà il proprio consenso all’anatocismo. Ma non sa che sta dando autorizzazione a una pratica già giudicata illegittima dalla Corte di cassazione.
Fate attenzione alla mail che vi manda la banca
Detto questo, ora si capisce perché le banche, dopo l’entrata in vigore della legge, sistematicamente, nel periodo a cavallo tra fine e inizio anno successivo, inondano i clienti di comunicazioni per convincerli a firmare quell’autorizzazione. Alcune chiedono anzi ai clienti di farlo nel più breve tempo possibile, subito, dipingendo, in caso contrario, foschi e minacciosi scenari.
Il consiglio è: non fatevi fregare.
Cosa succede se non si firma l’autorizzazione?
La banca ha due alternative, a seconda della situazione del conto. Se il conto ha un saldo positivo verrà effettuata la «compensazione legale» tra interessi e disponibilità nel conto (la compensazione potrebbe avvenire anche con la disponibilità presente in un altro conto, intestato allo stesso cliente, nella stessa banca). Se il conto ha un saldo negativo, la banca non può procedere con l’addebito in conto degli interessi dal 1° marzo, perché in questo modo si produrrebbe, appunto, anatocismo (interessi sugli interessi) senza l’autorizzazione del cliente.
Allora, in questo caso, succede una delle seguenti cose:
1) Il cliente rende disponibili i fondi a copertura degli interessi passivi maturati, cioè, tira fuori i soldi e paga subito.
2) Se previsto dal contratto di affidamento del conto, le prime somme destinate ad affluire nel conto saranno utilizzate dalla banca per estinguere il debito rappresentato dagli interessi passivi maturati. In pratica, tutte le entrate successive al 1° marzo sarebbero usate, prioritariamente, per il pagamento di quegli interessi.
3) La banca può avviare la procedura di messa in mora del cliente. Poiché la nuova normativa non si applica agli interessi di mora, che pertanto continueranno a produrre interessi, ciò significa che, qualora al 1° marzo la banca non abbia l’autorizzazione all’addebito degli interessi maturati, su tale importo, dovuto dal correntista a titolo di interessi, e non ancora saldato, possono maturare altri interessi, ovvero quelli di mora, per il ritardato pagamento.
Anche quest’ultima ipotesi è una dimostrazione che l’anatocismo è tutt’altro che scomparso…