By: gestione
La “rottura brutale” del credito
Articolo a cura di Vincenzo Imperatore su il Roma La «stretta del credito» negli ultimi 8 anni ha ucciso migliaia di aziendea cui sono stati chiusi i rubinetti della liquidità. Non deve però sfuggire, guardando l’altra faccia della medaglia, che il “credito facile” ha anche sconvolto un sistema che oggi si regge su basi di argilla. E quindi parlare della responsabilità delle banche nell’erogazione del credito significa evocare immediatamente quello che è stato definito il “dilemma” del banchiere, il quale, in presenza di elementi che possano far sospettare una situazione di crisi del cliente affidato, viene a trovarsi fra due “fuochi”.Qualora revochi il finanziamento, corre il rischio di essere attaccato dal debitore stesso per recesso ingiustificato dal rapporto (la cd. “rottura brutale” del credito) e di dover risarcire i danni che ne siano derivati (danni che potrebbero essere ingenti, se dalla revoca del fido sia disceso l’effettivo prodursi del dissesto dell’impresa e, quindi, del fallimento).Se, invece, non lo revoca, corre il rischio di un’azione di responsabilità, questa volta extracontrattuale, per concessione abusiva di credito. Ma andiamo per gradi e questa settimana affrontiamo il tema dell’interruzione brutale del credito. La Banca puòrecedere dal contratto di apertura di credito a tempo indeterminato con idoneo preavviso. Si può evitare il preavviso se c’è una giusta causa di recesso, che deve essere pero’ indicata, in modo specifico, nella comunicazione di revoca immediata degli affidamenti. Pertanto tale interruzione del credito è illegittima quando non viene dato il “giusto preavviso” oppure addirittura arbitraria quando non sono fornite “adeguate motivazioni”. E sappiamo benissimo quali gravissime conseguenze può generare sull’imprenditore tale improvvisa interruzione: ad esempio l’impossibilità di utilizzare le disponibilità, l’impossibilità di adempiere alle proprie obbligazioni verso dipendenti e fornitori, verso i locatori di immobili o servizi, verso il fisco.La responsabilità della Banca, ribadita anche dall’Arbitro Bancario e Finanziario, può dunque determinare il tracollo dell’attività di impresa o addirittura la sua insolvenza. Il danno che ne deriva, non facilmente determinabile (in quanto fondato soprattutto su presunzioni), può essere stabilitosolo da un giudice. Cosa può fare il cliente indifeso?E’ superfluo ribadire che ogni banca puo’ legittimamente decidere di non voler fornire danaro a chi non reputa meritevole come cliente ma deve concedere a questo ultimo il tempo necessario per potersi organizzare e scegliere un altro fornitore e soprattutto deve fornire motivazioni che non siano all’improvviso diverse da quelle precedenti che invece ribadivano la fiducia.Se quindi fino a ieri la relazione non manifestava segnali “ufficiali”di crisi ricavabili da eventuali lettere sull’andamento anomalo del conto o da richieste di addebito respinte, la banca non puo’ all’improvviso inviare una lettera di revoca dei fidi in cui scrive genericamente che non sussistono più le condizioni per la continuazione del rapporto. Non solo ma quel “tempo necessario” per consentire alle aziende clienti di riorganizzarsi, sulla base della personale esperienza in materia, non può essere inferiore a 6 mesi. Tralaltro una proposta di legge in tal senso e’ stata avanzata qualche anno fa dal deputato PD Francesco Boccia il quale mi riferiva durante le pause di una trasmissione televisiva di averla fortemente caldeggiata senza esito positivo. Non avevamo dubbi, la lobby non lo permette.Ma l’illeggittimita’ e l’arbitro vanno combattuti in tribunale. E vi assicuro che le banche, al contrario di chi scrive, spesso non hanno le prove !