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La finanza etica non solo è possibile, ma anche redditizia.
Riunite in associazioni europee (Febea) o globali (Gabv), queste banche hanno mediamente meno perdite su crediti, un buon ritorno sul capitale e, soprattutto, un’ottima reputazione.
Articolo a cura di Vincenzo Imperatore su Lettera43
Mi sono sempre chiesto, anche quando appartenevo a quel mondo, se si potesse fare banca diversamente da come l’avevo vissuta e poi raccontata? Certamente, di banche che agiscono in modo corretto per fortuna ce ne sono e di alcune parlerò, incontrate ed esaminate in questi anni, nel prossimo libro (in uscita a settembre edito da Chiarelettere). Svolgono essenzialmente quella funzione fondamentale di rendere dinamici i processi economici, di favorire l’anticipo di guadagni futuri (chi prende denaro a prestito) grazie al surplus finanziario (risparmio) di altri soggetti: un elemento essenziale per l’economia e di cui non possiamo fare a meno. Però quando pensiamo a fare banca “in modo diverso” non s’intende solamente la correttezza, l’assenza di trucchi o inganni. Si intende proprio un’approccio diverso, più orientato all’interesse della collettività che non all’arricchimento dei banchieri.DAI FRANCESCANI A RAIFFEISEN. Storicamente si sono avute a più riprese fondazioni di banche con obiettivi sociali. Lo hanno fatto i francescani con i Monti di Pietà (da cui le banche del Monte), gli illuministi tedeschi e francesi con le casse di risparmio, i pensatori progressisti-liberali con le banche popolari, il movimento cooperativo e mutualistico con le Raiffaisen (le banche di credito cooperativo). Tutte tipologie di banche nate per rispondere a scopi sociali, per essere vicine alla gente, al territorio. In molti casi con successi importanti: Friedrich Wilhelm Raiffeisen è stato considerato nel 1800 come l’uomo che sconfisse la miseria, un po’ come oggi vuole la retorica attorno al premio Nobel per la pace Muhammad Yunus che con il microcredito ha raggiunto un importante traguardo sociale (la sconfitta della miseria, appunto).EVOLUZIONE O INVOLUZIONE? Ma che ne è di queste banche? Come si sono evolute (o involute)? Alcune di loro, soprattutto tra le banche cooperative, hanno mantenuto quelle attenzioni al territorio e agli intenti della collettività, ma nell’immaginario collettivo ormai si è disperso il valore di questo nobile fine e viene solo percepito come “residuale”. E delle banche che se ne occupano seriamente ci si dimentica anche il nome. Le casse di risparmio hanno cambiato natura per legge dal 1992, le popolari dal 2015, i Monti di Pietà da molto più tempo. Con la riforma del 2016 vedremo cosa sarà delle banche di credito cooperativo…
Certo, i cambiamenti che si sono avuti non dipendono solo da diverse visioni politiche, ma anche dal fatto che i legami territoriali di queste banche spesso sono diventati funzionali a gestioni di potere che poco avevano a che fare con le finalità sociali originarie. Non sono stati contrastati dalla “popolazione” che dovevano servire e che servivano. Un popolo che già non sentiva più queste banche come fondamentali per il benessere delle comunità. Un caso diverso si è avuto con la riforma delle Bcc (banche di credito cooperativo): pur con mille sfaccettature si è avuto un dibattito (ancora in corso) che ha raggiunto i soci delle banche e ha comunque condizionato il legislatore.NUMERI SIGNIFICATIVI. Ritornando alla nostra ricerca possiamo dire che le esperienze di finanza diversa, etica o meglio onesta e sostenibile, sebbene ancora numericamente non rilevanti, si sono comunque sviluppate in tutto il mondo con modalità diverse. In Europa esiste la federazione delle banche etiche ed alternative Febea con quasi 30 associati. A livello mondiale la Global alliance for banking on valuesriunisce 40 banche (con molte dedicate al microcredito di America del Sud, Africa e Asia). I numeri di queste banche, pur apparentemente importanti, sono decisamente marginali rispetto alla finanza mondiale. Nonostante questo però, così come dimostrato da uno studio del 2013 di confronto tra le Gabv e le 28 banche sistemiche, sono assolutamente significativi perché dimostrano alcune cose.REPUTAZIONE MA NON SOLO. La prima, non scontata, è che si tratta di banche solide, con buoni requisiti patrimoniali, che stanno nel mercato e che nonostante le dimensioni ridotte hanno risultati efficienti. Sono banche che hanno mediamente meno perdite su crediti (il flagello del sistema) rispetto alle altre. Finanziano progetti con utilità sociali e ambientali e hanno un buon ritorno sul capitale. Sono stabili, nel senso che non hanno un elevato turnover di clientela, di posizione di mercato e di governance. E, soprattutto, godono di buona reputazione.