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La baldanza cognitiva dei consulenti bancari
Proseguiamo nel cammino della finanza comportamentale parlando questa settimana della baldanza cognitiva che è uno dei mali che affliggono il risparmiatore al cospetto degli squali bancari.
Articolo a cura di Vincenzo Imperatore su “Il Roma”
Come sappiamo, le scelte di investimento avvengono in condizioni di incertezza e quindi di rischio. Ovviamente ognuno cerca di far sì che il rischio sia calcolato in modo da poterlo fronteggiare.Questi calcoli sono basati essenzialmente su estrapolazioni del passato in vista di previsioni sul futuro. La psicologia cognitiva ha mostrato che le persone sono inguaribilmente ottimiste, hanno cioè una fiducia eccessiva nelle loro credenze e conoscenze.
Questo non vuol dire genericamente che sperano che le cose vadano bene, bensì – nel senso più tecnico – che sopravvalutano il grado di fiducia che ripongono nella dimensione e precisione delle loro conoscenze o, peggio, di quelle dei loro consulenti. In altri termini peccano di presunzione cognitiva, dagli psicologi chiamata baldanza cognitiva. Si scopre quindi che anche i presunti esperti consulenti non sanno calibrare la certezza delle cose che pensano di conoscere. In sostanza ritengono di aver certezze maggiori di quelle che hanno. Ma quelle certezze, lo abbiamo ripetuto piu volte, sono anche frutto di un processo di formazione, addestramento, training e coaching cui i bancari sono sottoposti sistematicamente in maniera tale da ‘costruire’ consulenti che, come abbiamo visto, credono di essere più preparati e precisi di quanto non siano in realtà.
Non solo ma nei confronti del consulente bancario scatta un blocco ‘psicologico ‘ legato al fatto che l’istituzione, il brand, che sta alle spalle dello stesso e la retribuzione fissa mensile possa essere garanzia di professionalità ed etica.
Quindi in realtà essere esperti, o credersi tali, non giova, non riduce la overconfidence ma al contrario questa viene spesso accentuata in quanto si pensa di avere un controllo maggiore degli avvenimenti .
Non è successo così anche per le cosiddette obbligazioni subordinate (per non andare troppo indietro nel tempo e ricordare i bond Argentini o Cirio) ? Anche in questo caso si è incappati in due fenomeni derivanti dall’overconfidence e dalla sottovalutazione della complessità. Ma la ricerca spasmodica di rendimenti più alti, senza rendersi conto dell’insicurezza che veniva imbarcata acquistando titoli che, pur rendendo più dei Bot, erano offerti da emittenti il cui profilo di rischio era sproporzionato rispetto al rendimento.
E oggi queste persone non pensano di essere state loro a prendere le decisioni sbagliate, ma di essere state fuorviate a causa di un rapporto con il consulente inadeguato.
Questo sentimento, nella giungla delle banche, è comprensibile se ci si trova di fronte un rapporto di delega formale con il consulente/venditore.
Ma si sa che spesso, anzi quasi sempre, il rapporto di delega con il consulente è informale e in tal caso c’è subdola corresponsabilità da parte delle banche che stabiliscono dapprima un rapporto friendly con il cliente, in maniera tale da fargli abbassare le barriere difensive, salvo poi fare spallucce quando le situazioni precipitano perché la decisone… è del cliente!
Ma con il senno di poi (ci torneremo sull’ argomento) tutti sono bravi !