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Io so e ho le prove: la mise en éspace
Vincenzo Imperatore come un novello Innominato nella prima recensione dello spettacolo teatrale tratto da “Io so e ho le prove”
Roberto Sapienza di “Il ritorno di Melvin parla dello spettacolo “Io so e ho le prove”
“Io so e ho le prove” è uno spettacolo teatrale di Giovanni Meola, regia di Giovanni Meola, liberamente tratto dall’omonimo libro di Vincenzo Imperatore (e Chiare Lettere), musiche originali di Daniela Esposito, con: Giovanni Meola e Daniela Esposito.
Lo spettacolo di e con Giovanni Meola ha debuttato ieri sera al Teatro Piccolo Re di Roma, in replica oggi alle 18.30. Per andare in scena, poi, anche Milano, Torino, Bologna, Napoli, Salerno, Avellino, Potenza.
La storia ci insegna che gli stessi Santi prima di essere tali furono dei grandi peccatori.
Manzoni ci racconta come un cattivo e crudele come l’Innominato, dopo che incontrò l’ingenua e candida Lucia, ebbe un sussulto di coscienza e dopo una notte travagliata decise di cambiare vita.
Tutti hanno una coscienza e un ‘anima anche chi è dedito al malaffare.
Sì, caro lettore, anche un manager di banca, avido, spietato e famelico può essere illuminato sulla strada di Damasco e comprendere che la banca dovrebbe essere un ente al servizio del cittadino e delle imprese e non come oggi un’associazione a delinquere legalizzata e impunita.
Questa è la storia vera di Vincenzo Imperatore, importante manager Unicredit, che dopo aver lavorato per oltre vent’anni facendo gli interessi degli azionisti e dei capi piuttosto dei clienti, decise nel 2009 di dire basta a questo circolo vizioso, mettendosi contro i poteri forti. Nel 2015 ha pubblicato con Chiare lettere il romanzo “Io so e ho le prove” denunciando in modo accurato e preciso come le banche per vent’anni si siano arricchite sulle spalle di imprenditori pronti a tutto pur di ottenere un fido o un mutuo per far sopravvivere la propria azienda.
Un tema mai come oggi attuale e scottante leggendo le cronache dei nostri giornali e i programmi d’informazione.
Giovanni Meola ispirandosi al testo di Imperatore, ha deciso di scrivere e mettere in scena un monologo in cui Enzo (Meola), detto il Pazzo da piccolo, rivela a un immaginario collega bancario la sua vita, dapprima personale di umili origini a Napoli, e come spinto dalla madre affinché lasci il povero quartiere, e impegnandosi con proficuo nello studio. E come tanti sacrifici vengano premiati con una vita professionale da giovane e talentuoso manager ambito da diverse banche.
Enzo così è assunto in un importante banca all’inizio degli Anni Novanta scalando in breve tempo i diversi gradini della carriera, assumendo incarichi sempre più prestigiosi.
Enzo è perfettamente integrato nel diabolico ingranaggio del management che inculca ai suoi dipendenti la parola d’ordine “vendere” i propri prodotti come inutili assicurazioni agli sprovveduti clienti.
Le banche prestano soldi a chiunque senza alcuno controllo e verifica scaricando i costi di questa sciagurata gestione sulle future generazioni.
Un ventennio scriteriato e sciagurato che termina nel 2009 quando la crisi economica impone ai vertici bancari un brusco cambio di strategia imponendo il rientro dei prestiti concessi agli imprenditori.
Meola ha il merito di raccontare con un linguaggio semplice, diretto una storia vera quanto drammatica aprendo il velo su una situazione tragica e nello stesso tempo comica e dando lo spunto per un’amara riflessione allo spettatore.
Lo spettacolo si rivela nel complesso godibile ed interessante, anche se in alcuni momenti è un po’ dispersivo e ripetitivo e non sempre sostenuto da un costante ritmo e pathos narrativo.
È sicuramente degna di menzione la performance musicale e mimica di Daniela Esposito che si dimostra una valida ed efficace spalla artistica di Meola, dando brio e forza allo show.
Enzo come un novello Innominato decide di dire basta, lasciando il posto sicuro diventando consulente per gli imprenditori in difficoltà.
Enzo sentiva la banca come una seconda mamma, ma nonostante ciò, ha preferito scegliere di seguire l’amorevole consiglio della prima di fare ciò che si sentiva di fare.
L’augurio o forse la speranza per noi tutti correntisti è che ci siano altri Enzo, o se volete Vincenzo Imperatore, che si rendano conto che la missione di una bianca è sostenere il privato e non ingannarlo e dargli calci in culo senza che nessun arbitro vigili su questo iniquo match.