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Il tranello sui benefici per il cliente
Con lo scopo di eludere i controlli della direttiva Mifid II, i consulenti si inventano enormi vantaggi a favore dei risparmiatori nelle operazioni di reinvestimento. Ma a guadagnarci è solo l’istituto di credito.
Articolo a cura di Vincenzo Imperatore su Lettera43
Sono diabolici. Il dna di una generazione di manager e consulenti finanziari è ormai deteriorato. La storia e la cronaca delle vicende bancarie degli ultimi quattro anni mi lasciavano spesso pensare (e dichiarare) che «il peggio era stato già visto». Poi ti rendi conto che la speranza del cambiamento è vanificata dalla scoperta di nuovi tranelli. Come quello rivelatomi da un consulente di una primaria rete bancaria, una “gola profonda” che mi ha fatto scoprire l’ennesimo inganno «suggerito e consigliato» dal suo manager, per superare le barriere di protezione (per il risparmiatore) rafforzate con la introduzione della disciplina della direttiva comunitaria Mifid II.
SERVE UN RICAMBIO GENERAZIONALE. È inutile girarci intorno: occorre un profondo ricambio di cultura manageriale e commerciale per creare il “nuovo bancario”, onesto, trasparente e leale. Forse un ricambio generazionale. Ma veniamo al nostro caso. Come sappiamo, con l’obiettivo di perseguire le medesime finalità della Mifid 1 e, al contempo, rafforzare ulteriormente i presidi di tutela per i risparmiatori, dal 3 gennaio 2018 è entrata in vigore la Mifid II.
INGANNEVOLE E SUBDOLO SISTEMA. Una particolare attenzione è stata posta per le operazioni di switching, ossia quelle operazioni che prevedono il disinvestimento da un fondo (con relativa liquidazione) e il contestuale reinvestimento in un altro fondo. Il motivo è semplice: per circa un decennio, nonostante le limitazioni già presenti in Mifid, le banche (e tutti gli intermediari bancari in genere) hanno operato un ingannevvole e subdolo processo di sistematica ricomposizione del portafoglio di un risparmiatore solo per fare ricavi attraverso l’incasso delle commissioni e senza alcun beneficio (se non perdite) per il cliente.
«Oggi ti vendo il prodotto che ti ho fatto acquistare sei mesi fa e te ne faccio acquistare un altro migliore». Questa la frase più utilizzata dal consulente bancario per obbligare il risparmiatore, ignaro e ostaggio della presunta professionalità del promotore, a pagare altre commissioni.
RACCOLTA DI TUTTE LE INFORMAZIONI. Al fine di prevenire il protrarsi di questi fenomeni di sciacallaggio commerciale, Mifid II ora prevede che le banche debbano raccogliere le necessarie informazioni sia sugli investimenti esistenti del cliente sia sui nuovi investimenti raccomandati e verificare che i benefici derivanti dalle modifiche di portafoglio siano superiori agli eventuali maggiori costi che il cliente dovrebbe sostenere.
SCOSTAMENTO MASSIMO DEL +/-20%. Pertanto tutte le operazioni finalizzate alla ricomposizione del portafoglio dovranno essere sottoposte alla valutazione dei costi e dei benefici per il cliente sempreché l’importo disinvestito e l’importo reinvestito coincidano o abbiano al massimo uno scostamento del +/-20%. Il controllo è volto a verificare se i benefici generati dalle operazioni di switching siano superiori o uguali agli eventuali maggiori costi applicati.
Dal 3 gennaio 2018 in tutte le banche c’è il controllo automatizzato dei benefici di prodotto che consente di indicare quali sono i vantaggi di un nuovo portafoglio
In questa ottica riportiamo di seguito gli elementi su cui viene effettuato il calcolo e la descrizione dell’intero processo. Potete immediatamente rilevare che i costi sono parametri oggettivi e misurabili, mentre i benefici sono valutati con criteri alquanto soggettivi e poco quantificabili.
BENEFICI PIÙ IMMATERIALI DEI COSTI. I costi di prodotto considerati sono infatti le commissioni in ingresso, le commissioni di gestione e le commissioni di uscita di cui abbiamo parlato. I benefici, invece, sono i più immateriali e astratti: benefici di prodotto (per esempio copertura, protezione/garanzia, efficienza) e benefici di portafoglio (avvicinamento al profilo di rischio del cliente, aumento della diversificazione, diminuzione rischio di credito e rientro in adeguatezza).
NUOVA NORMATIVA IN VIGORE NEL 2018. Con l’entrata in vigore della normativa, già dal 3 gennaio 2018 in tutti (o quasi) gli istituti di credito è stata pertanto adottata una soluzione che prevede il controllo automatizzato dei benefici di prodotto e consente, laddove non siano sufficienti a coprire i maggiori costi derivanti dal nuovo portafoglio, di indicare quali sono i benefici del nuovo portafoglio.
I fondi comuni di investimento: occorre saper negoziare
I fondi comuni di investimento presentano quattro voci di costo: commissioni di entrata, commissioni di uscita, commissioni di gestione e commissioni di performance. L’unica sempre presente è la commissione di gestione annua che serve a remunerare la SGR (la società che gestisce il vostro risparmio) e la rete di distribuzione (chi ve lo vende).
Se i benefici di prodotto risultano minori dei costi (anche scontati) e non vi sono benefici di portafoglio, la proposta è considerata non adeguata e non sarà possibile darvi corso. La macchina si blocca. In sintesi ecco i principali step del processo di valutazione dei costi e benefici, così come risulta dal sistema informatico di una delle principali banche del Paese.
PRECISO PROCESSO DI VERIFICA. Il sistema verifica che la proposta sia in perimetro switching. In caso affermativo prosegue il processo di verifica; nel caso non sia uno switching il controllo termina e viene considerato superato. Il sistema verifica se i costi delle operazioni di acquisto sono superiori ai costi dei prodotti in vendita. Nel caso siano superiori prosegue il processo di verifica; nel caso siano inferiori il controllo termina e viene considerato superato. Il sistema verifica se i benefici di prodotto coprono i maggiori costi. Qualora non li coprano prosegue il processo di verifica. In caso contrario il controllo termina e viene considerato superato.
VALUTAZIONE DELLA PROPOSTA. Il sistema verifica se i benefici di prodotto coprono i maggiori costi in presenza dello sconto del 100% sulle commissioni di sottoscrizione, laddove presenti. Qualora non li coprano, prosegue il processo di verifica. In caso contrario il controllo termina e viene considerato superato. Il consulente bancario verifica infine la situazione del portafoglio prospettico e dichiara la presenza di benefici derivanti dal nuovo portafoglio. Nel caso lo dichiari, il controllo è superato e si può dar corso all’operazione; in caso contrario la proposta è inadeguata.
Per evitare che il software blocchi l’esecuzione di un’operazione di switching il consulente si può inventare una situazione di portafoglio prospettico con enormi benefici
Ecco, proprio l’ultimo punto nasconde il seme dell’inganno che in banca i consulenti stanno già perpetrando. In altri termini, per evitare che il software blocchi l’esecuzione di un’operazione di switching (a svantaggio del risparmiatore-cliente), il consulente si inventa una situazione di portafoglio prospettico con enormi benefici.
CHI CONTRADDICE IL CONSULENTE? Non costa nulla, per il consulente, nel momento in cui sta per chiudere l’affare “tranello”, scrivere nella applicazione informatica che il cliente ha dichiarato (come fai poi a contraddirlo? è una semplice dichiarazione) che, nei sucecssivi sei mesi per esempio, ha in scadenza un investimento presso un’altra banca e che il ricavato derivante dalla liquidazione sarà utilizzato per l’acquisto di un prodotto con enormi benefici.
I CONTROLLI EX POST? TROPPO TARDI. O almeno con benefici tali (seppur immaginari o quantomeno mai concretamente goduti) da superare i costi, quelli sì concreti e pagati, oggetto della operazione di switching che il consulente sta proponendo. A vantaggio solo della banca, naturalmente. Quando scatteranno poi i controlli ex post sarà di nuovo troppo tardi. Per il cliente, ovviamente.