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Consigli per non rimanere con il cerino in mano
Articolo di Vincenzo Imperatore su Il Roma
Come abbiamo visto le settimane scorse, il principio di autoregolazione del mercato non sta funzionando. Occorre che se ne prenda atto e si studino nuove modalità di controllo che possano in parte ovviare alla situazione attuale. Nel frattempo qualcosa bisogna fare per frenare l’emorragia di danni che il sistema bancario sta procurando. Innanzitutto sarebbe sicuramente utile che le sanzioni e gli interventi avvengano in maniera più tempestiva ed efficace, magari innalzando le soglie di attenzione sui requisiti minimi rispetto al patrimonio e utilizzando maggiormente altri parametri di controllo come la qualità del credito, la onorabilità degli amministratori e i compensi degli stessi. Di cosa ha bisogno il sistema bancario quindi ? Definire cosa si può fare e cosa no in modo chiaro aiuterebbe. Ne abbiamo parlato tanto ma cio’ che conta, oggi, e’ soprattutto il “come” le persone si pongono verso il governo e che tipo di etica pubblica hanno. Le banche oggi sono uno strumento privato ma svolgono una funzione pubblica fondamentale. Quindi l’etica dovrebbe esser parte delle attitudini di un dirigente o consigliere di amministrazione. Molto spesso per fortuna è così, ma quando non succede pare che non sempre ci siano delle vie di uscita e soprattutto le tantissime frodi in campo finanziario dimostrano che se anche fossero pochi i dirigenti senza scrupoli… beh di danni ne riescono a fare molti. Come quindi controllare gli aspetti di tipo “etico” che concernono chi governa una banca? Non è affatto facile e non si possono certo ipotizzare azioni di psico-polizia. La consultazione dell’EBA sui criteri degli esponenti aziendali del 30 gennaio 2017 fa ipotizzare che, così come si va verso un modello regolatorio unico per tutte le banche, allo stesso modo si rischia di arrivare alla monocoltura di esponenti aziendali: tutti avvocati o professori di finanza.Perché non si introduce, ad esempio, l’idea che in un organo collegiale sia utile e positivo avere una varietà di competenze e quindi ammettere anche due tre esponenti con limitata professionalità tecnico finanziaria ma con buona conoscenza di altri settori o di responsabilità di impresa? Perche’ non si mettono in atto obblighi formativi anche per i consiglieri (non solo sui temi tecnico finanziari)? Perché la reale indipendenza degli amministratori non puo’ essere garantita attraverso una scelta con call “pubbliche” e non, come avviene, attraverso una lista artificialmente costruita? Perché non introdurre criteri positivi nella valutazione della onorabilità degli amministratori come la reputazione o le esperienze di volontariato e/o filantropiche? Al di là di eventuali scelte di tipo normativo in merito, una altra modalità pragmaticamente efficace è quella di allargare la conoscenza relazionale dei consiglieri: chi li propone, chi li elegge, le loro storie. Occorre pertanto riportare la finanza più vicina ai cittadini, consentire un controllo dal basso, così come sarebbe utile favorire, per i soci che sono interessati, la conoscenza diretta del modo di operare della banca. Avere una disclosure su quelle che sono le scelte strategiche in materia di operazioni finanziarie, di tesoreria e di credito
L’elezioni dei consigli di amministrazione dovrebbero poter avere risultati non scontanti in partenza almeno per consentire l’elezione di consiglieri indipendenti scelti da numeri elevati di soci. Un consiglio con una buona biodiversità sicuramente è maggiormente in grado di garantire un buongoverno dell’azienda attraverso una sana dialettica. Sembrano cose semplici, vero?