By: gestione
Banche e risparmiatori, tutta Italia è Paese
Tratto da Lettera 43
L’Italia è un Paese troppo verticale e inevitabilmente disomogeneo. Milletrecento chilometri di diversità sociali, antropologiche, economiche, linguistiche che hanno deciso di vivere (in alcuni casi costrette) in uno spazio rappresentato da un tricolore e da un inno che molti hanno imparato solo per cantarlo in occasione delle partite della Nazionale di calcio.
Ci sono pochi aspetti e caratteristiche che dalle Alpi a Pantelleria sono comuni e distribuiti in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale.
Una condizione di unità del Paese è rappresentata sicuramente dalla omogenea gestione delle banche: strategie commerciali aggressive, politiche di prodotto non etiche, reati e inefficienze sono esattamente le stesse ad Aosta come a Canicattì.
ANCHE AOSTA È A RISCHIO. Prendiamo ad esempio la Valle d’Aosta, bellissima e suggestiva regione a statuto autonomo, che presenta indicatori economici molto confortanti e sicuramente dissimili di quelli siciliani o lucani.
Pil pro-capite, tasso di disoccupazione, tasso di criminalità, indice di qualità della vita della regione valdostana rappresentano dei benchmark non solo nel nostro paese ma anche rispetto alla media europea.
UNO SPORTELLO OGNI 830 ABITANTI. Anche il numero di sportelli bancari per abitante ( indice di ricchezza perché le banche sono più presenti laddove c’è più risparmio) è tra i più alti in Italia con 99 filiali di 15 banche per una popolazione bancabile (solo i maggiorenni possono accendere rapporti bancari) di circa 75 mila abitanti (numero dei votanti) cui dobbiamo aggiungere circa 7.400 cittadini stranieri maggiorenni residenti. Una media di uno sportello bancario ogni 830 potenziali correntisti, quasi una diffusione ad personam che potrebbe indurre a pensare che il trattamento riservato ai clienti possa essere stato corretto, etico, trasparente e compliance-oriented.
PRODOTTI TOSSICI VENDUTI OVUNQUE. Sfatiamo subito questo mito per le grandi banche a diffusione nazionale (Unicredit, Mps, Intesa, Bnl, Banco popolare). «Ho le prove» per sostenere che prodotti tossici (azioni rinvenimenti da aumenti di capitale, obbligazioni subordinate, diamanti, derivati, polizze assicurative, ecc) sono stati venduti con le stesse subdole strategie commerciali a Champoluc come a Ragusa. «Ho le prove» per affermare che la manipolazione del profilo di rischio del risparmiatore, la «madre di tutte le truffe bancarie», sia avvenuta a Chatillon come a Matera con la stessa identica finalità di creare il paracadute per addossare al cittadino ignaro la responsabilità della scelta dell’investimento e certificare la consapevolezza di quest’ultimo in merito al rischio che stava correndo acquistando quel prodotto-spazzatura.
Ogni volta però che arrivo in una regione per la presentazione dei miei libri mi piace anche andare a osservare i numeri e i comportamenti delle banche locali, le cosiddette banche di territorio basate essenzialmente sul concetto del credito cooperativo e quindi necessariamente, almeno in linea teorica, legate a un concetto di rapporto banca-cliente più diretto, trasparente e incentrato sulla fiducia.
Bcc Valdostana: sofferenze in aumento
Ecco appunto trasparenza e fiducia.
Analizzando i dati della Bcc Valdostana, la più grande banca locale della regione, si evidenziano gli stessi seri problemi che ormai vivono la maggior parte delle banche.
Innanzitutto un indice Core Tier 1 (utilizzato per gli stress test e che valuta la solidità patrimoniale di un istituto di credito) al 11,66% al 31dic 2015 nettamente inferiore alla media delle Bcc del nostro Paese che è del 16,1%. Ma soprattutto un rapporto sofferenze nette (al netto cioè delle svalutazioni già effettuate dalla Bcc con proprie risorse) su impieghi praticamente raddoppiato rispetto all’anno precedente (3,83% al 31/12/2015 rispetto al 1,9% del 31/12/2014), a conferma della malagestio dimostrata dal management nell’esplicazione della attività creditizia.
UNA COMUNICAZIONE TRASPARENTE? Ci chiediamo: ma tutto ciò viene riferito con trasparenza, così come si dovrebbe (senza pretendere la lettura dei voluminosi e incomprensibili prospetti informativi), ai clienti quando si collocano prestiti obbligazionari (ben 8 negli ultimi 15 mesi per un totale di circa 29 milioni di euro)?
È stato detto ai clienti che quelle obbligazioni, nel caso di peggioramento della situazione e le si voglia vendere, non hanno un mercato né la banca (lo afferma nel prospetto informativo) è obbligata ad acquistarle?
Ma soprattutto sono stati avvisati i possessori, ebbene sì anche in Valle d’Aosta sono state vendute, della obbligazione subordinata 2/11/2011 – 2/11/2017 (codice Isin IT0004773450) dei rischi che corrono in caso di default della banca? E soprattutto come mai la banca, per questo titolo, non ha provveduto, così come ha fatto negli ultimi sei mesi per tanti altri prestiti obbligazionari subordinati, al riacquisto del titolo azzerando i rischi dei possessori?
CHI SI È PRESO LE OBBLIGAZIONI RIACQUISTATE? E soprattutto ci piacerebbe sapere chi sono i pochi ‘fortunati’ possessori di quelle obbligazioni riacquistate (solo per un controvalore di 1.165.000 euro) e tentare invece di informare quei tanti iellati e forse ignari possessori delle obbligazioni ‘non riacquistate’ ( per almeno un controvalore di 6 milioni di euro).
Semplici domande per verificare se attribuire alla Bcc Valdostana l’oscar regionale della trasparenza e della fiducia oppure considerarla alla stregua di tutti gli altri sciacalli finanziari.