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“IO VI ACCUSO” su Il Fatto Quotidiano
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Banche, l’atto di accusa dell’ex dirigente: “Così aumentano guadagni e riducono rischi ricattando i clienti”
Nel libro ‘Io vi accuso’ l’ex dirigente bancario Vincenzo Imperatore racconta come gli istituti siano sempre più simili a centri commerciali e agenzie immobiliari. Con la differenza che i commessi-bancari sono in una posizione di forza nei confronti nei confronti delle imprese che hanno bisogno di un prestito
di Paolo Fior | 15 ottobre 2015
Un atto d’accusa durissimo nei confronti dell’intero sistema bancario. Che non solo ha abdicato al proprio ruolo di supporto all’economia reale ma addirittura, con la crisi e la metamorfosi degli ultimi anni, la massacra. Esercitando anche forme di concorrenza sleale in molti settori. Gli sportelli sembrano sempre meno sportelli bancari e sempre più centri commerciali, agenzie immobiliari, centri di servizio, con una differenza sostanziale però: per raggiungere gli obiettivi di vendita imposti dalla direzione, i commessi-bancari hanno a disposizione la leva formidabile rappresentata dal potere di ricatto nella concessione del credito. Ed ecco così che un cliente entrato in banca per chiedere un prestito esce con un televisore, un tablet e un abbonamento alla palestra.
Vincenzo Imperatore, ex dirigente bancario pentito e autore di Io so e ho le prove, nel suo nuovo libro Io vi accuso in uscita il 15 ottobre per i tipi di Chiarelettere, svela i nuovi stratagemmi adottati dalle banche per ottenere profitti a discapito dei malcapitati clienti che dopo anni di crisi si trovano sempre più nel ruolo di polli da spennare. Emblematico da questo punto di vista il racconto di come le banche siano diventate “delle agenzie immobiliari capaci di far svendere le abitazioni dei clienti sul lastrico per far guadagnare anche i ricchi speculatori immobiliari già loro correntisti. Senza pietà, sballando il mercato e alterando le normali procedure della compravendita. Gli istituti stanno favorendo il dislivello sociale e consentono spesso abusi per i quali non pagano mai”, scrive Imperatore. I numeri del business sono impressionanti: “Su un fido la banca ha mediamente un margine di guadagno finanziario netto di circa l’8 per cento a fronte di un fattore di rischio altissimo: quei soldi potrebbero anche andare perduti nel caso in cui il cliente fosse insolvente. Il televisore, invece, è a ‘rischio zero’, non c’è nulla da perdere per l’istituto e, inoltre, ha un rendimento di almeno il 20 per cento sul prezzo a cui viene venduto al correntista”.
Una fonte che Imperatore cita nel libro spiega che oggi alla base della gestione della clientela ci sono “i corsi di formazione per diventare piazzista e incontri sulle tecniche di vendita per prodotti di largo consumo”, mentre i prodotti “si possono pagare in un’unica soluzione o con finanziamento che fa crescere la rata mensile del mutuo o di qualsiasi altro tipo di prestito”.
Un altro sistema per fare profitti a scapito dei clienti, in particolare delle piccole imprese, è quello delle assicurazioni sui crediti. “Oltre all’esosa polizza, – scrive Imperatore – ci sono gli interessi applicati sul fido per anticipo fatture, ovvero i ricavi ottenuti prestando all’impresa quegli stessi soldi assicurati. L’azienda, infatti, in attesa che il cliente paghi, ha comunque le spese correnti da sostenere quotidianamente e per farlo si deve far anticipare il denaro dalla banca. E ancora, altro paradosso, l’istituto trae profitto con interessi, commissioni e quant’altro su un rischio (e il fido lo è) che non è più tale perché annullato da una polizza assicurativa venduta dalla stessa banca che ci guadagna il 24 per cento. Gli istituti in questo caso sono riusciti a infrangere le leggi dell’economia e a trovare la formula per loro più conveniente: meno rischio e più guadagno. Tanto paga sempre la piccola impresa”.
Io vi accuso non si limita però a svelare questi meccanismi e a puntare il dito sulle fiduciarie e sui clienti privilegiati delle banche, come il clero o gli imprenditori (i cinesi, sottolinea Imperatore) che lavorano solo per contanti e nei cui confronti nessuno fa mai le pur obbligatorie segnalazioni di operazioni sospette. Ci sono l’usura (documentata) ai danni dei clienti, l’estorsione, la violenza privata, l’intimidazione attraverso la minaccia di segnalazione alla Centrale rischi. “I delitti commessi dalle banche sono numerosi, gravi, spesso non sanzionati. – scrive Imperatore -. Finché non si metterà mano al codice per invertire questa tendenza, il loro strapotere non si attenuerà. Le banche, in particolare i loro dirigenti, hanno mai realmente pagato penalmente per qualcosa? No. Anche quando colti in castagna, al massimo gli istituti sono stati costretti a risarcire la vittima”.
Come se ne esce? Imperatore invita a denunciare i soprusi delle banche e a farlo bene, indicando i nomi e i cognomi, portando testimoni e prove, tante prove. Ma soprattutto l’autore invita a non scoraggiarsi, perché si può vivere e lavorare anche senza avere a che fare con le banche. La seconda parte di Io vi accuso passa in rassegna i circuiti alternativi del credito che negli anni della crisi si sono rafforzati diventando per molte piccole imprese una risorsa imprescindibile e abbastanza facile da utilizzare grazie anche a Internet e alle nuove tecnologie. Dalle piattaforme di crowdfunding alla supply chain e al commercio delle fatture, passando per il peer to peer, i minibond e il corporate barter (baratto aziendale). Naturalmente ciò non basta e anche la piccola impresa – vera ossatura del sistema produttivo italiano – deve ripensare se stessa, professionalizzarsi per presentarsi sul mercato del credito (anche quello alternativo) con idee, progetti, business plan coerenti e conti chiari e trasparenti, perché un’impresa è un’impresa e non il salvadanaio della famiglia, come invece spesso è stato in passato.
Io vi accuso rilancia anche con forza il grave ritardo dell’Italia nel dotarsi di una legge a tutela dei whistleblower. La modifica al Testo unico bancario ha introdotto delle importanti novità in questo senso, sottolinea Imperatore, ma la distanza resta abissale se si pensa che grazie alla tutela del whistleblowing gli Stati Uniti riescono a recuperare circa l’85% delle somme frutto delle frodi. Se lo stesso accadesse nel nostro Paese i vantaggi per l’economia sarebbero enormi: “L’obiettivo che si deve porre l’Italia deve essere quindi quello di recuperare decine di miliardi di euro all’anno, riducendo drasticamente il numero di reati quali la frode fiscale, il riciclaggio, l’usura e la corruzione”.
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